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La storia è caduta.
Precipitata dalla rupe di questa primitività nuova: di zecca
le farse studiate a tavolino per un ventunesimo secolo senza vergogna.
La parola
è morta. Trucidata da avventori che hanno tradito la sua semplicità
sta sul fondo della discarica sotto quintali di immondizia
e tossici rifiuti sociali.
Il dialogo
è caduto in un attentato di terrore.
Si è trattato di un assassinio (in) pubblico
e nessuno può parlarne perché ora
la parola è morta.
Quelle che uso le ho raccattate per strade di campagna
e da pozzi d’acqua in disuso da deserti luoghi
dai respiri risparmiati tessuti come lenzuola di canapa ruvida e nodosa
dove i popoli sfruttati
consumati come miniere da estrazione
nei campi da mietere e sotto le pietre delle loro storie
hanno lasciato sillabe di fame hanno lasciato le braccia e le gambe
hanno lasciato una bocca che non tace.
La guerra è oggi
non è sulla linea di un fronte o alla frontiera.
Circola di casa in casa a far fronte all’ immortale immorale
barbarie del forte
cresciuta oltre ogni misura: dissangua
chi di sangue non ne ha più e lavora lavora
sgravandosi del corpo
crepando di cancro
prima che il favore gli sia restituito.
Tutto fu: ieri
quando la storia dice con chiarezza cosa
succede. In tutti i tempi del tempo succede.
In questi frangenti i salvagenti non sono i valori
commerciali
non sono i conti in banca
qui crolla l’uomo si uccide
la sua fragilissima sostanza
fatta
di un fiato di vento e qualche sogno alla rinfusa.
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f.f.- inedito 2 giugno 2010