http://poetarumsilva.wordpress.com/2010/05/26/jazz-session/
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Le due voci di seguito riportate , hanno dato vita a un dialogo innescatosi spontaneamente. Esse si alternano nel percorso e sono visibili, nella lettura, attraverso la differenza del carattere tipografico: normale per Natàlia Castaldi, corsivo per F.F. Questa differenza è stata utilizzata per mostrare con chiarezza quanto l’una voce sia indispensabile e arricchisce l’altra, senza altra volontà di portare quanto è stato raccolto nel proprio cammino personale , affinché non se ne perda memoria, formando un corpo unico, solidale. Ci auguriamo che altri, oltre noi, diano ancora più spessore ad un corpo che è collettivo e che non intende cedere davanti a manovre di dissipazione del luogo- terra, che a tutti offre la vita. La natura (re)agisce sempre (a)i mutamenti, noi che ne siamo parte vogliamo soffocarla?
f.f.- 26 maggio 2010
allora che ognuno si cerchi una tana
e rovesci il capo con la coda
lasci la festa al passato e pensi alla sua nuova rovina
non alzi la voce
mai più la alzi
e senza più parole
che non sono necessarie
gratti dalla terra fattasi veleno
i pochi semi da inghiottire
ciò che gli basta
ciò che basta per sé solo
e che cadano i giorni muoiano nei tanti segni di croce
in un lungo calvario di analfabeti
dove estate e inverno non saranno che zeri
Non più le stagioni si succederanno
non fiori nè canti nè poesia
ma una sola impietosa spaccata
voragine dentro la bocca del caos
dove sparire
senza più traccia.
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In bianco e nero.
È inutile come il mattino dopo un sonno senza riposo
rincorrere l’ombra d’un sentiero di cipressi lividi
infilando perline ad una collana spezzata
intorno al collo della negligenza.
Succube di parole morte nella notte senza afa
la fede spezzata in un crocicchio di quesiti
senza attese si deforma
nello specchio di mille maschere di zucchero e sale.
*
– Se la luce è trasparenza a cosa serve questa patina dorata?
*
In bianco e nero amo guardare il vero delle cose
nel grigio smorto delle nebbie
al camminare degli scarponi antinfortunio
detratti a rate dallo stipendio aziendale.
*
Alle cinque cantava la sirena il richiamo delle anime
che evaporavano odori di letto e figli.
La osservavo passare in fretta e sognavo un avvenire
che mi facesse ricordare il suo nome:
ma una mano scrisse una legge, poi perì nel sangue.
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– Nessuna luce ancóra è degna dei colori del reale
*
Si mischiano le pelli dei sottopagati
nel sudore appeso a mezz’aria dal suolo
senza funi
né ripari.
Cartellini da timbrare con contratto interinale
e domani un nuovo mestiere per bestiario di pretese.
*
La preghiera del padre si disegna agli angoli d’una bocca da sfamare
nei crampi d’uno stomaco vuoto d’amore
che brama leccornie da consumare in fretta
per mondare gli interstizi dei denti dagli avanzi di fragole mature,
lievi come il mulinare del vento per un marinaio nato in camicia
che mille lidi attraversa sempre appeso alla sua rammendata tela
che perde il tempo dalle toppe dei suoi miseri inganni.
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luca bellandi
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c’è gente di cui nessuno dice
lei per esempio
si spacca la schiena
ogni giorno sulle scale della questura
a pulire il fango che gli altri ci depositano
e sono anni che lei gratta e lava
per una paga che è lusso di miseria.
Lei quella mattina
aveva fatto il letto
e come ogni giorno
era uscita
in bicicletta non si era fermata
era andata diretta alla scalata maggiore
aveva appoggiato il manubrio sulla ringhiera e
senza un pensiero s’era tuffata
Più in basso un registro di cemento liscio e lucido
aveva accolta per intero la sua firma di presenza.
*
e per ogni costola rotta ti regalo un uccellino che canta
per ogni giorno che non avrai da mangiare un miglio di strada
corri corri fino a perdere il fiato
non è lontana l’ombra dentro cui dimenticarti
che questa vita ha solo pene e le tue piume non bastavano a salvarti
*
come può ancora così verde farsi primavera
il naturale scorrere del tempo?
come può chiederci d’essere felici se maturando noi
non avremo altre stagioni se non quella
nera voragine in cui non saremo futuri.
*
ho piantato tutti i suoni della voce
in un piccolo orto
ma gli uccelli
li hanno scambiati per semi o radici
e
non è fiorito più alcun fiore
E’ stato così che dentro il silenzio
ho rimesso il cuore
ma non è uscito altro che una talpa
cieca e sorda e non mi ha riconosciuta
quando sfiorandola le ho scritto il nome sulla schiena.
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e lei un giorno si è laureata
era partita per acculturarsi al nord
poi è tornata incatenata
dal desiderio di un amore
ora lavora in uno di quei bordelli autorizzati
che chiamano call-center
ché in italiano non si saprebbe come definirli
quei luoghi che reclutano anime davanti a uno schermo
con un paio di cuffie strette in cui raccogliere gli insulti della gente
lei telefona ai debitori
ha un mandato speciale per contattare
chi non paga le rate ad una società di strozzinaggio ormai legale
telefona e piange in silenzio
a dover minacciare le persone che hanno perso il lavoro
e non possono più pagare
del resto le si fa notare che anche la sua provvigione
dipende da quel cattivo pagatore
e deve urlare come in una guerra di rane contro topi
deve urlare e minacciare perché quel tizio vada a pagare
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giovanni maranghi
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oltre non vedo nemmeno me stesso
mi sono abituato a scavalcarmi
oltre non c’è nemmeno una lampada da accendere
la mia è una cecità profonda
*
sto guardando da giorni le mie rose
hanno iniziato con le spine ad aggrapparsi alla luce
poi di nascosto dagli insetti che già
avevano annusato l’odore della sua carne
aveva messo nodi qua e là
spartendo i boccioli
come se sapesse
dentro quel suo lume vegetale
come sopravvivere
come dare a quei cesari qualcosa e
alla bellezza i petali da sposa.
Non se ne vantava
la rosa in mezzo al mazzo in cui l’avevo colta
ma di profumo m’inondava ridendo
fino a morirne.
*
ancora dura la lezione
quando mi affaccio alla finestra
sta inclinato il giorno
fino al pendio della notte e poi
dalle sale dell’alba raggiunge il primato
in un vertice qualunque del cielo
Non c’è retta distanza né steccati recintano
il suo andare
libera a disperdere le ombre nate
dentro la sua conca di silenzio.
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luca bellandi
tutto sta
in questo immobile
co(n)dominio di pianeti e piane
stelle impalmate dal labirinto del vuoto.
Noi in queste pietre
polveri tra le altre
una rotazione minima
nella rivoluzione delle galassie
*
dentro questa cruna d’ago
magnetico è il mio parlarti e il tuo
ribatte e
ribattezza dentro la bocca
di un grave parlato
quel noi che sembrava disperso.
Sull’agave spinosa
un’alfabeto acuto spina
dalle vertebre verità tangibili
l’osso riprende consistenza
il midollo non si duole del suo liquido
e argento dispone per un conio nuovo
*
quando alla frana trovarono i nostri corpi
dissero che indossavamo solo un silenzio
sotto gli abiti i necrofori trovarono semi
erano le ultime parole sfuggite al nubifragio
ma non le capirono così le gettarono
nell’aria le raccolse un’ape e il vento le trasferì ancora
più lontano oltre il mare persino oltre l’orizzonte
Si depositarono nel gorgo profondo della notte
e da allora aspettano aspettano ancora
che una nuova creazione le richiami
*
La bestia ha spinto il suo muso dentro la mia carne
non avevo fiato per urlare il mio dolore
Quando ha piantato le sue zanne fino all’osso
non avevo in me nemmeno un filo di vita
Dopo avermi sbranata
fino al bulbo dell’occhio
non potei vedere
nemmeno la mia sepoltura.
Per scrivere l’assenza qualcuno ha fatto un rigo e dentro ha messo la mia terra.
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riccardo mantovani
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non è il buio che mi spaventa
ci sono volute mille aurore per non sapere più cos’è domani
oggi, lo vivo, lo graffio, lo bevo
mi hanno insegnato a comprare
mangiare
bere
defecare
ed essere bella
insomma il mio ruolo sociale è produrre merda comprando
cibo cibo cibo
da mangiare e vomitare
ché devo essere sempre snella
lo faccio oggi
domani non mi aspetto altro che ripetere i soliti gesti
mangiare e vomitare
ed essere bella
per il resto ho smesso di pensare
*
Ti sei mai chiesta cosa pensano le tue rose?
– dico – questa situazione dev’essere diventata insostenibile anche per loro
mio dio! Hai visto?
Non si può fiorire in pace che arrivano a romperti le palle
bigliettini colorati
Festa della mamma
Festa della donna
San Cretino
Oh … hai letto di quello che l’ha sgozzata?
Come *chi*?
La Rosa, l’ha sgozzata, dicono che lei l’avesse data al suo direttore
un ex voto alla carriera, funziona così a tutti i livelli
che credi? Sogni?
Oh, lui era in cassintegrazione, dicono che la sua ditta si è trasferita in Cina
Chissà che pensano lì, le rose.
vi ho seguito passo per passo, voce dopo voce
poichè mi ero stancata di stare in silenzio
da due giorni ciondolavo tra domande e trappole
la cecità non appartiene a chi ha parole nude
la memoria dei fiori ci aiuti
grazie a voi
Elina
hai fatto un lavoro meraviglioso, Ferni…
continuiamo a raccogliere le tracce, i passi
qui, lì, poco importa
l’essenziale è esserci.
un abbraccio.
n.
Eli, ti ho postata nella jazz session
vi chiedo scusa ma ora devo preparare i dati per gli esami, oltre che le prove. Sono sommersa da valutazioni e tutto ciò che segue in questo periodo. Continua tu Natàlia.Grazie del cammino
Grazie Elina per esserci. Ora corro.f
un qualcosa, un insieme…un fragore le vostre voci!
bellissimo possente incontro.
grazie, ferni!
grazie, natàlia!
api
fragore dici? Non è passata nemmeno una zanzara.Tu sei l’unica ad aver lasciato un segno. >forse la gente preferisce andare in vacanza, che leggere e impegnarsi in prima persona, oppure ne ha due mongolfiere di tutte le chiacchiere.Bisognerebbe forse lanciare quintali d’inchiostro e tonellate di aste, non scritture.Ciao Api,ferni
Ti mancava la zanzara, Ferni? Eccola! Una zanzarina che non ha neppure la forza di fare “zzzzz”, ma desidera dire quanto ciò che ha letto l’abbia colpito e affondato…
Sono parole che pesano come piombo, vanno a trapanare l’apparenza che ha lobotomizzato il nostro essere, per tirare fuori da chi di noi possiede ancora un’ombra di concetto di sè, una reazione.
Sì, forse la gente si è fatta delle belle mongolfiere a furia di chiacchiere, ma queste non lo sono, sono frecce che trafiggono. Vedremo se verrà fuori qualche goccia di sangue…Magari!
Grazie.
Flora.
questa raccolta, scrisse insieme con Natàlia, è del 26 maggio.Fino ad oggi puoi contare tu quanto afflusso di lettori abbia avuto.E’ come se ci fosse una corrente, qui, forse, che tiene lontano,come quella che si usa per limitare i pascoli, perchè non ci siano scambi indesiderati. Grazie Flora, la scrittura è qui, visibile, ed è dentro di noi e in chi la sente, chiunque la faccia propria o tale la senta. ferni