andrew wyeth -the bird in the room.
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Buona primavera: le rondini entreranno nei cieli di ognuno. Sta a noi sorprenderci attenti e coniugati all’africa, all’origine della loro provenienza.
Guardando il cielo, penso alle ultime disposizioni del nostro governo: l’ascia nel petto della piccola e media editoria affonda con lama micidiale perfetta.
Non è un caso se la ricerca artistica (poesia prosa saggistica) viene da anni, spesso, portata avanti eroicamente dalla piccola media editoria. Non è un caso se un lettore vivo va a caccia del libro lucente, non tanto tra gli scaffali delle iperlibrerie (sacri templi della grande editoria), ma nella tana di un libraio partigiano (che coltiva controcorrente la qualità anche se prodotta da una piccola sorgente, la diffonde, permette che il libro abiti con lui più di sei mesi, parli con i suoi clienti delle opere e degli autori non come un commerciante qualsiasi ma con capacità mercuriale di mediazione e orientamento). Non è un caso che quel lettore vivo ordini al telefono per ricevere quella luce, o mandi un’email per l’acquisto.
Da anni, decenni, fiancheggio le piccole e medie case editrici. Collaboro. Elogio a voce alta. Comprendo e amo chi scorticato, contro vento, ara la frontiera.
Guardando il cielo questa mattina, non leggo ancora l’azzurro tiepido e limpido. Mancano i garriti e il sole ostia. Ma verranno.
Perché non crescere dalla terra, creando una forza corale editoriale per un progetto di primavera partigiana? Mi chiedo.
Perché le piccole e medie case editrici non collaborano tra loro, condividendo delle coedizioni? E penso. Invece di criticarsi l’un contro l’altro, perché non unirsi in qualche progetto definito di opera e di autore, sostenendo insieme i costi, e magari affiancando la lingua italiana ad una traduzione a fronte. Perché non far viaggiare il libro a più ali e più mani e magari oltre i confini nazionali, responsabilizzando gli istituti all’estero? Le ambasciate?
Perché non aprire le soglie della propria officina editoriale e creare una piccola architettura di lavoro in comune: che non sia comunione totale, né confusione di identità, ma frecce diverse scoccate da un unico arco e per un unico volo?
Scendono qui gli editori in questa piazza a colloquiare tra di loro della primavera?
anna maria farabbi
Sono della famiglia dei passeracei. Hanno corpo leggero e aerodinamcio. Non sono progettati nella galleria del vento, ma vivono di correnti e le utilizzano, tutte, per appoggiarvi leali, per raggiungere luoghi lontani o planare e trovare dimora nel cuore dei luoghi frequenatati. Sono fatti apposta per volare. Penso a questa analogia perché, allo stesso modo, vedo il corpo dei piccoli editori: un corpo dinamico, capace di cogliere al volo le nuove voci nei dintorni, nei nodi delle terre della parola e di altre arti. E’ quella loro dinamicità che li rende agili nell’ attraversare grandi distanze, tenendo il vento anche quando sembra minacciare burrasca. La proposta di Anna Maria Farabbi, penso, vorrebbe coordinare le abilità di ciascun editore, per ottenere con un dispendio comune di energie, il miglior risultato: non cadere nel cappio delle ultime prescrizioni di legge che mettono, in pratica, contro il muro le piccole case editrici, con aggravi di spesa che pesano sui bilanci. Prendere le ali della prima-vera collaborazione e leali giungere ad obiettivi condivisibili. Non è P(R)AGA quella che si riceverebbe, ma è pur sempre un’ipotesi per iniziare.
f.f.
Care amiche, op/pongo problemi pratici ai vostri voli, per amor del vero di quanto penso.
Il terreno è friabile. occorre molta attenzione. La proposta nella sua bontà deve calcolare i rischi.
Ogni piccolo medio editore sta attaccato al suo amato orto: lo fa per una logica anarchica e aristocratica, con un generoso darsi che sconfina in sacrifici davvero vitali, di vita, e si fa storico con il passare degli anni, se non mitico.
Detto ciò, se pure fosse possibile, cosa che mi pare rara se non impossibile, congiungere e coniugare forze, intenti e volontà di tante nobili umanità in una cooperazione, pensate voi che ci sia in ciò davvero un risparmio in termini economici? Certo, le forze si raddoppiano ma anche le fatiche, i tempi, le spese, tutto si moltiplica.
E non sempre potrebbe giovare alla qualità. O quantomeno non è automatico. ma lasciamo stare questo, non ci compete.
Pensate che ci sia un qualche acquisto di potere politico? mah, ho i miei dubbi. Notevoli.
Prendiamo le re recenti soppressioni delle agevolazioni postali alle spedizioni: sono un dramma politico che mette a rischio, non a caso, la sopravvivenza, di tante piccole realtà.
C’è anche quest’urgenza reale. Vera. Che fare?
La nostra associazione, Il Grandevetro – che vive da 34 anni, solo sul volontariato, gli abbonamenti alla rivista bimestrale e qualche edizione anche in coedizione con la Jaca Book di Milano – sa cosa significa e quante sono le fatiche pr far fronte a una distribuzione che spesso non distribuisce, per far fronte a serate di presentazioni ecc.. Anche la vita di ognuno di noi ha un prezzo – non è che il volontariato sia sempre divertimento o piacere in queste cose.
La strada è spesso ostile seppur gratificante il cammino.
La libertà di associarsi certo esiste e va praticata, può aiutare ma non certo risolvere.
Questo il mio pensiero. Ma avete altre importanti voci da interpellare e il dibatttito è molto interessante!
Un caro abbraccio e baci
Simo
anch’io, come te, ho sollevato dubbi in proposito,soprattutto relativamente alla parte pratica, la figura giuridica e tutto ciò che a questo consegue. Aspetto anche altre voci, proprio come te, consapevole come ricordi della fatica e della passione che serve ma non sempre è sufficiente, che il lavoro volontario e gratuito comunque cerca di sostenere. Grazie Simonetta.ferni
Mi interessa particolarmente questa discussione visto che sto per “lanciarmi” (il caso di dirlo vista la situazione attuale) nell’editoria (piccola e indipende naturalmente, etica ed artigianale). Partiremo probabilmente con un paio di pubblicazioni per tastare il terreno e acquisire l’esperienza necessaria per proporre poi dei progetti piu’ ambiziosi. Da neofita, mi piace molto, anzi la reputo necessaria, l’idea di collaborare, unire forze, promuoversi e crescere insieme, anche pubblicare dovrebbe essere un dialogo, uno scambio continuo. Il fatto che come Simonetta dice “Ogni piccolo medio editore sta attaccato al suo amato orto” e’ un dato di fatto ma rimane anche un limite. Credo infatti sia soprattutto un problema di cultura, una mancanza di apertura. Spesso un piccolo editore mira soprattutto a diventare “grande” adottando modelli e strategie sbagliate, un modo di fare editoria tradizionale. Bisogna invece esplorare nuove vie, di scambio e collaborazione appunto, “piccoli ma belli”.
Abele
Vedi, tu parli come un marziano e sei verde come quei prati di primavera in cui vorrei sprofondare come dentro un mare…
Sono lieta che tu la veda così Abele. Anche noi, Anna ed io, pensiamo sia possibile cambiare mentalità. L’organizzazione di taluni lavori in collaborazione porterebbero un’ampiezza maggiore, secondo noi, senza togliere nulla alla specificità dei componenti di quella collaborazione. La parte economica e giuridica, non so molto bene come maneggiarla, ma non crediamo che possa essere insormontabile.
Grazie per questa angolazione. Vediamo se altri riescono ad angolare ancora o a focalizzare altro dentro questo nodo. ferni
Grazie per l’invito a leggere questo post, davvero interessante. Prendo atto, dalle uscite in libreria, di un fatto che mi sconforta sia come lettrice che come amante della cultura: mi sembra che si tenda a proporre libri comodi, bassi nei contenuti e tendenti a proporre un modello che confonde semplicità-fruibilità e neo analfabetismo. Non riesco a capire se questo è la causa o il risultato di una certa politica che ha trasformato il radical chic in un’offesa e che fa passare il messaggio che leggere è un male. Infatti cosa propone? Spazzatura, se va bene e zeppa di errori di editing tanto per confermare che l’italiano è un’opinione transitoria e che poco importa della cultura del libro. La mondadori non si può permettere un editor?
Del resto il sistema culturale serve a mantenere lo stato delle cose e lo stato delle cose non potrebbe essere mantenuto senza la disinformazione e l’ignoranza.
Infine “il sistema culturale” viene usato per premiare chi ha servito meglio o dato meno fastidio, non vorrei mai scordare che nel 2004 il premio Bancarella è stato dato a Bruno Vespa.
Per tirare le somme ricordiamo chi sono gli scrittori italiani più venduti e promossi oggi: Moccia, Faletti ecc. Moccia, per chiari meriti anti-artistici, è stato pure promosso a regista. Tanto un po’ di ciarpame in più non fa mai male.
L’editoria artigianale o piccola o fuori sistema sembrerebbe l’unica alternativa ma anche qui ci sarebbero molti distinguo da fare perché spesso la piccola editoria senza distribuzione non è per niente il sacrario dell’integrità ma il luogo dove si perpetua lo spennamento delle sostanze del candidato scrittore. Sappiamo tutti che molti di questi editori chiedono dai 1000 euro in su per dare all’autore- e solo a lui- la gioia del proprio libro. Libro che viene stampato, previo assegno, senza neanche essere letto.
In sintesi, tanto per parlare di qualcosa di strano in Italia: una truffa.
Quindi la vera resistenza mi sembra munirsi di forbici e cucirsi da soli le proprie cose, se davvero ci si tiene. Almeno si verrà truffati solo dalle proprie illusioni ;))
A parte tutto, per vedere una luce in un sistema non meritocratico e figlio di un modus vivendi corrotto, penso si debba cominciare dal rimettere al centro di ogni discorso la moralità. Poi, con il tempo, si vedrà, ma peggio di così è possibile ma difficile.
Probabilmente è una follia però vorrei integrare la proposta della collaborazione e della cooperazione. Uno dei tanti motivi per cui i piccoli, onesti editori non riescono a mantenere integri i loro procetti è perché non vendono. In effetti anche io, ora come ora, faccio fatica ad acquistare più di un libro al mese, i restanti li recupero dal bookcrossing e dalle biblioteche. Allora mi è venuta questa idea: perché non si crea un circolo di lettori dove ognuno offre un piccolo contributo per comprare un certo numero di libri decisi insieme? Poi ce li passiamo e ne parliamo onestamente su un blog personale o collettivo, su anobii, su facebook o dove ognuno trova sia giusto. Da qualche parte bisogna pur cominciare a collaborare…
l’idea non è una brutta idea, il fatto è che i libri poi si rileggono,personalmente lo faccio spesso con alcuni libri, o si ha voglia di portarli con sé in viaggio, o…Se il libro è condiviso come si fa?Ricordo che questo sistema, di dividere la spesa la usavamo all’università, i testi erano molto cari, quelli di architettura intendo, e dunque dividevamo la spesa.Poi, al termine degli studi, ci siamo spartiti la biblioteca,ma eravamo pochi in gruppo.
In ogni caso resta il problema a monte.Per acquistarli, i libri devono prima essere editi, se questo non accade…che si legge?
L’editor! Trovo che sia diventata una manovra che spesso stravolge un libro.Un conto è correggere gli errori di battitura,i refusi, gli errori ortografici…Un conto è modificare tutta l’impostazione di un testo.Questo è scrivere di nuovo un libro secondo lo sguardo di chi lo ha tagliato e ricucito, non dell’autore. Significa, se l’editor segue una linea dell’editore, scirvere un testo secondo dei canoni e questi sono il decalogo di chi vuole vendere.Cosa vende lo sa già in anticipo, perchè ha te-le comandato il flusso.Ma allora tanto vale leggere un libro, si legge il nome dell’editore e si lascia il compito di pubblicare all’editor!Lui sa, cosa e come, ciò che gli manca è un imput:ma è pieno il mondo!
Quanto al resto, le pubblicazioni a pagamento, sì, è vero, molti sono gli editori che lo fanno,come sono pochissimi quelli che non lo fanno e incappano, comunque, nello stesso problema di quelli che si fanno pagare. Resta invenduto il testo.
Ma chi legge e cosa legge resta un grande problema e il mare grande delle pubblicazioni è un moto ondoso in cui spesso si resta sommersi in un grigio senza splendori.
Penso che la lettura sia fondamentale, da parte di tutti, da chi dovrebbe pubblicare il libro a chi poi lo acquista,ma una lettura che cerchi davvero le luci e le ombre, non meno luminose delle luci stesse, che ogni genere di scrittura può portare come territorio in cui viaggiare in se stessi. I complimenti, fanno piacere ma una buona critica, data da una lettura profonda, sa aprire molti più luoghi e portare molto più vento per ulteriore navigazione nell’essere. Grazie Maeba,
ferni
Grazie Ferni, da piccolo volevo fare l’astronauta (giuro!) :)
D’accordo con te, i libri si rileggono, o semplicemte si (ci)possiedono (feticismo, lo so…). vorrei aggiungere che credo molto anche nell’e-book (l’esempio di Clepsydra è in questo senso molto incoraggiante) ma funziona per testi brevi, non leggerei mai tutto un romanzo sullo schermo di un computer e anche stampandolo non sarebbe la stessa cosa portare a letto un mucchio di pagine spillate… L’importante secondo me e’ cercare di contenere il più possibile le spese di stampa, senza rinunciare al buon gusto e l’intelligenza, in modo da propore dei prezzi alla portata di tutti. E naturalmente trovare il modo di promuoverli e distribuirli (adesso se non altro abbiammo i vantaggi di Internet…). Un piccolo esempio, le classiche presentazioni di libri, con l’esperto incravattato e il concerto con il pianista appena diplomato che ancora ho modo di vedere in Italia, non servono a niente. Organizzare degli eventi piu’ “autentici”, creare delle sinergie con altre arti, funziona invece molto meglio. Il problema e’ che molto spesso gli autori in Italia (parto dal confronto con quanto succede qui in Inghlterra) o si vendono già in partenza oppure si prendono troppo sul serio. L’anno scorso e’ bastata una poetessa come Francesca Pellegrino, a un festival di cui ho curato la sezione letteraria, per suscitare tanto interesse e avere un pubblico in religioso silenzio. Certo Francesca non sarà diventata ricca con la vendita dei suoi libri, ma ha lasciato il segno, preso dei contatti….
ne riparliamo…. :))
Abele
bella la proposta “primaverile” di Anna Maria
aprire le “soglie” e creare una “architettura” di lavoro in comune, condividendo, crescendo, rivoluzionando, passando il ponte della mediocrità in cui spesso vedo cadere autori pronti a qualunque spesa pur di coronare il proprio sogno
un libro è “altro” , non deve entrare in certe meccaniche, deve volare e far volare chi desidera con sè, nel proprio viaggio, portarlo
da un’altra parte, Fernanda lo ricorderà, si era detto di un “libro fatto in casa”, di un cartone particolare, si era parlato di “fogli viaggianti”, senza grossi costi dunque
ecco forse l’unico volo ancora possibile che parte dal poco/niente e non incappa in regole, leggi, figure giuridiche con cui dover fare i conti per azzerare poi il proprio entusiasmo
un saluto, Elina
i fogli viaggianti sono una divulgazione, un porsi in cammino insieme, ma, perchè questo non vada disperso, in un mondo in cui tutto brucia alla velocità dei bit, generando solo polvere e cenere indistinta, serve una distinta di quel passare di mano in mano, non solo un’indistinta corsa.A questo dovrebbero servire i libri, depositari di una oralità, “orarietà” che potremmo definire oracolante, o anche orocolante, visto che di vite si tratta,in una scrittura fatta di presenze a ciò che ancora resta sconosciuto,dunque sulla frontiera.Non so se oggi valga lo stesso attributo, oracolante,certo che anche in questo tempo, come in ogni altro della storia, serve un chi-odo in cui appuntare l’attenzione e fare una distinta, non abbandonando all’istinto la donazione di un germoglio, di una fiammetta che, magari, brucia tra quei legni di parola che non incendia la carta, ma il nostro mondo interiore, dando luogo a continue creazioni, a moltiplicati big bang, in cui l’accensione del tempo è ogni istante, tante e tante e tante volte nella stessa volta che ci ospita ….tutti. Ciò che a me pare è che ci si voglia tenacemente opporre a questo e che si tenti di irregimentare, da ogni parte, un flusso che è vitale resti senza un solo manovratore. NAsce da caos frenetico la vita, dalla moltiplicazione che da ogni cellula-cella, amplifica i messaggi e li in-canta in una catena di possibili muta-menti.ferni
” Da anni, decenni, fiancheggio le piccole e medie case editrici. Collaboro. Elogio a voce alta. Comprendo e amo chi scorticato, contro vento, ara la frontiera. ”
Anna Maria sì ti riconosco anche se è trascorso qualche anno dal nostro incontro che mi porto dentro.
Non sono una scrittrice, ma tanta è l’amarezza nella constatazione di quanto poco si faccia per la qualità in ogni settore culturale.
Tutto passa attraverso la tv, questo è il triste potere attuale.
Un cordiale saluto, Silvana.
È vero: il problema è complesso. Mi rendo conto di dire in questo caso una cosa scontata, e, di sicuro, non risolutiva. Ma, dopo aver letto tutti i commenti alla proposta di Anna Maria, a volte contrastanti, ma tutti ben motivati e condivisibili, riesco a formulare solo una considerazione di carattere generale, in attesa che il dibattito si sviluppi ulteriormente con altre prese di posizione. Mi percorre la mente solo una sensazione: quella che l’editoria “non istituzionalizzata” è ancora viva, per fortuna e per merito, ed ancora riesce a produrre, idee, discussioni, provocazioni, e, quel che più conta, libri. Di vario genere e tipo, ma in qualche caso autentici e di valore. È questo ciò che ha rilievo e significato: la possibilità che ciò accada, anche oggi, anche ora, nonostante tutti i bastoni tra le ruote che, con volto sorridente e determinazione molto meno ilare, stanno cercando di porre. Il riferimento alle tariffe postali è uno degli esempi possibili. Quindi, ben vengano questi dibattiti, che, qualunque sia l’esito, dimostrano una vivacità ed un fermento autentico, una prova tenace di esistenza in vita.
Un caro saluto a tutte e a tutti, e a presto rileggerci, Ivano
che strano non vedere nessuno di tutti quelli che, solo pochi giorna fa, chiedevano a tutti, tutti indistintamente, di prendere a cuore la causa dell’editoria,facendo risuonare nelle diverse sale della rete un forte boato.Che strano rendersi conto che, oltre al malumore, alla rabbia anche, non c’è un movimento che faccia un fronte unico tra quelli della stessa categoria e si preferisca rivolgersi ad un pubblico diverso, multiforme, eterogeneo e spesso anch’esso arrabbiato. EPPURE UNA COORDINATA ORGANIZZAZIONE DELLE MANSIONI E DELLE ABILITA’ DAREBBE MOLTO DI PIU’ a tutti. Non credo serva una sommossa, piuttosto è ora di una rivoluzione, solo le rivoluzioni hanno cambiato il percorso, compresa quella del capitalismo. Ora ha fatto il suo tempo, è tempo ora di organizzare altro, sulla scorta di tutte le memorie acquisite.f.f.
la proposta di Anna, bellissima, è una proposta poetica,un sogno, un’utopia, forse. Tutto o quasi, a livello culturale, lo si potrebbe fare in gruppo. Ed insieme ci si potrebbe opporre alle ingiustizie, lottare. Oggi c’è una individualità incredibile, a volte illogica, ma ci sono anche problemi pratici enormi. Io credo che sarebbe già un bellissmo risultato creare, in tutta Italia, facendo riferimento ad associazioni culturali di cui siamo pieni, momenti di incontro comuni tra i piccoli editori, per fare presentazioni in sintonia, per parlare, discutere, far conoscere, divulgare in tutti i modi possibili non solo il proprio lavoro ma anche quello di altri simili a sé o diversi. Far parlare gli autori, farli incontrare…..Tanti piccoli eventi durante tutto l’anno che si spostano, si ripetono.E distribuirsi a vicenda.
Forse anche questa è un’utopia, forse è già troppo, ma io penso, io spero, sia davvero fattibile. Almeno questo. Vit
Carissima Vittoria, già ospitare in queste pagine altri editori, non solo gli autori, voleva essere un inizio.Lo abbiamo scritto a chiare lettere, mi sembra in CHI SIAMO, dove abbiamo disegnato il percorso che intendevamo fare e ci avrebbe condotto alla ricerca di voci diverse dalle nostre. La diversità, secondo noi, e da quanto mostra assidua natura, costruisce ricchezza e possibilità molteplici, il resto chiude, rende asfittica ogni relazione.Ci sarebbe piaciuto molto che ne risultasse una costruzione di idee dentro le quali ogni persona avrebbe potuto ulteriormente costruire ulteriori diramazioni. Questo, secondo me, e forse secondo noi del gruppo,è il pensiero, di cui è rappresentate ogni utopia …ma che cosa non è utopia, a ben guardare? Noi stiamo abitando un pianeta che potrebbe esploderci sotto i piedi da un momento all’altro senza che noi si riesca a fare nulla, e ronza nel cielo con una rotta non modificabile, e ci arrabattiamo con il pil, con i pof, i puf pat, le tante siglette,le star che non illuminano l’immenso, di questo cosmo che ci assorbe, da generazioni che nemmeno riusciamo af ar entrare nei nostri minuscoli pensieri. Siamo seri, un poco almeno, e iniziamo a considerare che ciò che noi stiamo praticando è la disconnessione da un pensiero tragico, pesante, che annienta se solo lo si ricorda per un giorno intero. Essere Soli è l’attitudine degli astri,che pur esplodono, nella loro immensa bellezza, nel loro sorprendente splendore,tanto quanto i minuscoli corpuscoli luminosi di quella grandiosa via lattea che irrora il nostro cielo e sembra, però, non avere mai fine. Anche noi, tutti, assomigliamo a quella via, generazione dopo generazione diamo il nostro contributo a sollevare quel peso, non già a toglierlo, sarebbe da sconsiderati, ed è quel peso che ci può illuminare, più di ogni altra certezza, riesce a configurare i nostri gesti, che suonano a vuoto in tanto perdere tempo per indivudualismi, che il tempo, quello vitale, lo lasciano per strada. Concordo con te, per le proposte, stare insieme dialoganti sarebbe la modalità per… prendere le ali, lealmente, e alleggerire il grave che spesso usiamo per annientarci.
ff.