Juul Kraijer
Non so se dire che la scrittura di Flora Restivo si trova tra Scilla e Cariddi renda chiara l’idea che si è rappresa in me relativamente alla sua poesia. La sua scrittura asciutta, tagliente, sonora secondo il timbro di alcune vocali diffuse, ramificate lungo il testo, penso a quelle u disperse come passaggi salvifichi, ma anche gole senza scampo, non risparmia nulla e poi non posso dimenticare le lance, tutti quegli aghi delle i. Suoni gravi e acuti, i suoi versi. Eppure tra quelle rive di parole, con dentro il sale che brucia, c’è una profondità e una limpidezza addirittura crudeli.Sì perché, a volte, sarebbe conveniente trovare una mitigazione, qualcosa che ci salvi. Perfino Odisseo, dovendo passare necessariamente tra i due mostri dello stretto, e sono tante le strettoie in cui ci conduce la vita, preferì avvicinarsi a Scilla visto che, ne era certo, Cariddi avrebbe distrutto le navi, come infatti accadde. Odisseo si salvò dal gorgo mostruoso e sopravvisse aggrappandosi ad un albero, che sbucava dall’acqua, alla pari di quanto nella vita si salvava aggrappandosi agli dei, o anche all’abilità delle tante donne incontrate,oltre naturalmente a quella lasciata a casa. Flora è anche lei tutte quelle donne ed è in più una lancia, non di salvataggio. Dalle acque della poesia della Restivo, gli alberi , le vedette parole di legno che sceglie, sono maestri di navigazione in fondi oscuri, pericolosi, s’incuneano negli anfratti delle relazioni, tra le persone, nelle passioni, nel pericoloso pensiero di Dio, nella famiglia, nella società di cui non vengono nascosti gli aspetti più impietosi.Ogni anello del legno è un anello che segna l’occhio di Flora Restivo, ed è un occhio che s’immerge nell’entroterra ma è anche una sfera, una bolla di respiro, che riesce a raggiungere ogni corpo, come fosse una terra da esplorare e da raggiungere via acqua. La sua capacità di raggiungere le tante figure che riesce a vivere in sè ,esprime per me proprio la capacità dell’acqua e del respiro. Entrambi vivono nella forma che occupano e dalla forma portano via, traggono qualcosa che in essi non modifica sostanzialmente la natura che li identifica e li differenzia, pur permettendo loro di convivere, di attraversarsi. Essere, sembra sottolineare in ogni riga la Restivo, si traduce in essere ogni altro, compreso ogni altro evento e si pratica nel soffiare, con tutto il fiato che si ha in corpo, rendendo quasi una voce di coro greco la memoria di quella visione, netta, lucida,spietata, l’incontro con il mostro, il gorgo che in ciascuno di noi vive. La salvezza non è stare aggrappati a qualcosa di diverso, non è nel divagare, ma è invece nel guardare in faccia il male stesso, il gorgo, la vita che ci sbatte addosso la sua roccia, è calarsi addirittura tra quei mostri vestirne la sostanza, feroce alla pari di quella dei cani di Scilla, marosi, duri canini che passano la carne, taglienti quanto gli scogli in cui ci perdiamo e che, spesso, ci pietrificano, fiaccandoci fino a toglierci il fiato, fino a farci ingoiare, amara, la lingua madre amata.
In epigrafe della raccolta Po essiri si legge: – Occorre avere dentro di sé il caos, per partorire una stella che danzi.- F. Nietzsche
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f.f.- 27 aprile 2010
Da Po essiri- Flora Restivo, Samperi Editore 2008
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SULDATU SPERSU
Num mi l’addumannati
cu’ sugnu
……e
dunnu’aju statu
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Zoccu rispunnu?
Sugnu chissa…
chissu…
….chiss’autro…
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tampasiava
raciuppannu auschi
….. di tempu latru…
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ammagghiava
una trizzi di strati
dunni lu suli trasia
…..a pinnulara vasci…
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Pigghiatimi accussì
…..suldatu spersu
chi s’arrampica
….d’un frunti stramanu
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strascinannu
pedi
…e scorci di spiranza.
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FANTE DISPERSO
Non chiedetemi/ chi sono/ dove stavo./ Cosa rispondo?/ Sono questa…/ questo…/ quell’altro…// bighellonavo/ raccattando frammenti di tempo/ ladro// impigliavo in grovigli di strade/ dove il sole entrava/ ad occhi bassi…// Prendetemi così/ fante disperso/ che rimpatria/ da un fronte lontano/ strascicando// piedi/ e rimasugli di speranza.
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PIRSUNA
Mi viu campari
abbrumata d’affannu
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soru e frati
di ddi ciuri di mènnulu
scattiàti
a lu primu suli
di jinnaru
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chi
muzzicati di venti maligni
s’abbrazzanu a li rami
pi putiri rinesciri fruttu.
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Cercu na strata
na ‘gnumi
un pirtusu
‘n-aggiuccu
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pi putiri mòriri
………….PIRSUNA
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PERSONA
Mi vedo vivere/ intrisa d’ansia// sorella e fratello/ di quei fiori di mandorlo/ sbocciati/ al primo sole di gennaio// che azzannati da venti maligni/ si avvinghiano ai rami/ per riuscire a diventare frutto.// Cerco una strada/ un angolino/ un buco/ un giaciglio/ per morire/ PERSONA
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A CUNTI FATTI
Scinniri
circarsi
truvari
aceddi mpagghiati
reschi di mali e beni
filinii pruvulazzu
muccigghi.
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A cunti fatti
mittemuci na petra supra.
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Dumani è un fogghiu biancu
si vulemu
nun manca
nchiostru
pi scriviri
lu nchiumi nchiumi
di la nostra storia.
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A CONTI FATTI.
Scendere/ cercarsi/ trovare/ uccelli impagliati/ lische di male e bene/ ragnatele polvere/ paccottiglia.// A conti fatti/ mettiamoci una pietra sopra.// Domani è un foglio bianco/ Se vorremo/ non mancherà/ inchiostro/ per scrivere/ il più significativo capitolo/ del nostro romanzo.
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La chiave del fiato, di Ciatu, è dentro l’epigrafe di apertura, anch’essa un segno che non trascuro , il segnaposto dell’assenza o forse dell’assente. Si legge:- Le mie braccia sono affrante a furia di stringere nuvole– C.Baudelaire
Da Ciatu (Respiro)- Flora Restivo, Edizioni Dr.Antonino Samferi Messina 2004
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Diu
Crìdimi.
T’àju circatu
‘n-menzu a la genti
sula
‘n-funnu a na chiesa
nna l’occhi d’un picciriddu
nna ddu murmuriari
di pàmpini
chi s’abbannùnanu
a lu ventu.
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Dio. Credimi. // Ti ho cercato / in mezzo alla gente // sola // in fondo ad una chiesa / negli occhi di un bambino / in quel mormorio / di foglie / che si abbandonano / al vento.
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Na vita
Zoccu resta
di tia
di mia.
Un pinzeri
na botta di càudu
na taliata
scorci di mandarinu
supra a la tuvàgghia
ventu di Jinnaru.
N’ura
na vita.
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Una vita. Che rimane / di te / di me. // Un pensiero / una vampata / uno sguardo // bucce di mandarino / sulla tovaglia / vento di gennaio. // Un’ora / una vita.
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E poi
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Vògghiu mòriri
comu mori na stidda:
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un mari di luci
e poi…
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SILENZIU.
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E poi.
Voglio morire/ come muore una stella// un mare di luce/ e poi…/ SILENZIO.
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Siddu nàsciu arrè
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Siddu nasci arrè
nun nasciu chiù,
mancu pu li tràficu!
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Curri sbattulii
acchiani scinni
ti squagghi nna l’àcitu di l’anni.
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E nun cunòrtanu
vampati d’amuri
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quannu
nun c’è nenti prima
e nenti dopu.
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Se rinasco. Se rinasco/ non nasco più,/ neanche per l’incomodo!// Corri t’arrabatti/sali scendi/ ti dissolvi nell’acido degli anni.// E non confortano/ fiammate d’amore/ se/ non c’è niente prima/ e niente dopo.
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Ti penzu
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Tuttu chiddu
chi nun dissi
ora pisa quantu
na muntagna
e chiddu chi dissi
nun cunta chiù:
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è àriu stancu
ciuçiuni di nenti.
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A sbrizzi mi lu ricordu
li voti chi ti penzu
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ma è chi ti penzu
ti penzu
ti penzu.
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Ti penso.
Tutto quello/ che non dissi/ ora pesa quanto/ una montagna/ e quello che dissi/ non conta più// è aria stanca/ soffio di niente,/ A tratti me ne ricordo/ le volte che ti penso/ ma è che ti penso/ ti penso/ ti penso.
Un caloroso plauso a Fernanda Ferraresso e a CARTESENSIBILI per avere proposto il lavoro di Flora Restivo, a mio avviso, una tra le voci più autentiche dell’odierno panorama dialettale in Italia.
A loro e a tutti un cordiale saluto, Marco Scalabrino.
Posso dire che mi sono mancate le parole? Ebbene, è capitato ad una che ha la parola come strumento di tramissione, di esserne rimasta senza, dopo aver letto l’appassionata, dolente analisi che Fernanda Ferraresso ha fatto, della mia poesia, oltre alla scelta dei testi, assolutamente i più indicati alla comprensione del mio percorso poetico e umano.
Grazie, quindi a Fernanda e a Marco, insostituibile e prezioso amico, sempre presente al mo fianco, sempre disponibile, sempre…Marco.
Un affettuoso saluto ad entrambi.
sono rimasta molto colpita dalla poesia di Flora (che non conoscevo) e dalla lettura di Fernanda che ha un dono grande nella lettura dei testi altrui…
dove è possibile acquistare il libro di Flora?
grazie di cuore ad entrambe!
un abbraccio a Ferni.
Anna Salvini
Grazie ad Anna Salvini, per i suoi gratificanti giudizi sulla mia poesia e sullo straordinario intervento di Fernanda.
Cara Anna, se, attraverso la mia mail, che ora ti scrivo, avrai la bontà di comunicarmi il tuo indirizzo, sarò lieta di farti omaggio dei miei libri. Del primo “Ciatu”, sono è rimaste davvero poche copie, tuttavia mi farà piacere cercarne una per te.
Grazie ancora.
Flora.
flora.restivo@alice.it
sono grata a Fernanda per questa nuova conoscenza
molto particolare la scrittura di Flora quasi una “scultura”
cercherò di rileggerla domani in viaggio
un caro saluto ad entrambe
Elina
Ringrazio Elina. Bello il concetto di poesia come “scultura”, molto icastico.
Mi auguro che, come compagni di viaggio, i miei versi possano costituire un buon appoggio per i pensieri.
Flora
Sono felice che la traccia di lettura che ho lasciato abbia incontrato i passi di altri, compresi quelli di colei che quelle terre ha tracciato.
Sono altresì felice che questa presentazione abbia dato modo ad altri di conoscere la poesia di Flora Restivo. Ringrazio la nostra ospite e tutti i nostri lettori.sono di corsa. in Istituto,Ci sentiamo con più agio.ferni
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“Tuttu chiddu
chi nun dissi
ora pisa quantu
na muntagna
e chiddu chi dissi
nun cunta chiù:”
essenziali verticali potenti e delicati
e lo struggimento dei suoni quando finiscono in u:
“”Numero e nucleo un equilibrio nu
sonoro e mesto in infiniti fili
attornia come l’aria
questo presente gracile ed immenso.”
Vittorio Bodini
dimenticato di firmarmi…
ne approfitto per un caro saluto e un grande grazie,
abele
Grazie infinite per l’attenzione, Abele, grazie per aver citato quei versi che, spesso, mi vorticano nella mente e, forse non solo nella mia.
E’ bello riuscire a comunicare, specie quando si è fatta una scelta difficile come lo scrivere in dialetto.
Io, anche se ho scritto in italiano e seguito a farlo, ho sempre la sensazione di un qualcosa che mi sfugge…
Qualche volta posterò un paio di poesie e ascolterò i vostri pareri.
Grazie ancora.
Allora ne aspettiamo altre! Grazie Flora.ferni
Uh, mamma, non aspettatevi niente di che! Una persona, che qualcuno conosce, in quanto, partecipe, al momento latitante, di un blog, mi ha detto che scrivo “vecchio”! Io ho guardato e riguardato… chissà, le rughe c’erano, ma era il mio modo di scrivere e non mi ero mai posto il problema della gioventù. Avesse avuto ragione?
Non so, appena trovato il coraggio, me lo direte con franchezza.
Un caro saluto.
Ho dimenticato: sempre grazie a te, Ferni.
se scrivere giovane significa introdurre elementi in altre lingue, significa leccare il corpo della parola per produrre orge ad effetto allora preferisco scrivere vecchio.Noi tutti siamo millenari e vediamo con una luce che è stravecchia, e ancora così dicendo la qualifico come nuova…Loro, i non vecchi, non sanno quanto è usata la lingua che gli salta in bocca come una frittura di…gambero?
Ciao Flora.
ferni ultramillenaria
Flora , con ritardo ma sei stata (mi) di ispirazione, in una delle mie occasioni più importanti. Come faccio a trovare una copia di Po essiri ?
Che meraviglia trovare un commento nuovo a libri, non dico anzianotti, ma, sicuramente con molta strada alle loro spalle.Essere di ispirazione non è poco
Che dire, Angelo? Grazie infinite, sono commossa. Ti contatterò subito.
Grazie ancora alla cara Ferni, “sempre di corsa”
Flora.
A proposito: le poesie in italiano, forse ci sono!