Per raggiungere Capri ci vuole un sogno: così direbbe Margherita tra i suoi acquerelli. Per raggiungere Capri bisogna attraversare il liquido amniotico mediterraneo, baciare le sirene e oltrepassarle fino a sbarcare sull’isola, sentendola, dico io. Sentire è un verbo esigente: agisce nella circolazione sanguigna, sensoriale, spirituale. Sentire Capri significa odori, i verdi della macchia, ville, interiorità delle grotte – Matromania – , artisti e opere, fiati internazionali magnetizzati da tanta bellezza, la sapienza della sfinge di Axel Munth, le narrazioni del cimitero acattolico, il gioiello incastonato di Curzio Malaparte ma anche la vita durissima degli abitanti nel corso dei secoli tra i passi inquieti di Tiberio che ancora creano eco.
Torno dal faro di Capri al mio, qui dentro, con voi. Ho con me, ancora sotto luce, le meraviglie. Tra le scoperte, anche quella felice di una casa editrice con un catalogo interessantissimo: LA CONCHIGLIA http://www.laconchigliacapri.com/. In tempi come questi, così difficili per tessere, e qui metto congiunti sia autori che editori quando il lavoro ha qualità e originalità, trovare un’officina che approfondisce con rigore la cultura del proprio territorio, elevandola ad una lettura non locale, è un piccolo grande miracolo. E’ stato impossibile non acquistare, in una delle sue librerie, un buon numero di libri, proprio per quel sentire Capri da un punto di vista artistico e storico completo. Ne cito due fondamentali:
Humbert Kesel, Capri, Biografia di un’isola e di Claudio Gargano, Capri Pagana, Uranisti ed Amazzoni tra Ottocento e Novecento.
Voglio dedicare un occhiello speciale ad un testo di poesia: Verso Capri.
L’editore Riccardo Esposito ha curato mirabilmente questa preziosa antologia poetica del Novecento: un lavoro di ricerca e documentazione corredato anche da attente note bibliografiche e molte fotografie, inoltre, da una introduzione che ripercorre il dialogo tra poesia e isola attraverso gli ultimi cento anni. L’opera è stata pubblicata nel 2004. Capri è la terra che ha ospitato i poeti, che ha suscitato, ispirato, l’anima del loro canto. Ne risulta, come si può immaginare, un’antologia internazionale che accoglie autori come Vladimir Majakovskij, Pablo Neruda, Rainer Maria Rilke, Anne Sexton, Marguerite Yourcenar; italiani contemporanei come Valentino Zeichen, Maria Luisa Spaziani, Elio Pecora, Roberto Deidier; del passato, Sibilla Aleramo, Ada Negri, Gabriele D’Annunzio, F.T.Marinetti, solo per fare qualche nome, indicando la consistenza lirica.
Mi si sono illuminate le tempie leggendo i versi di una poeta che non conoscevo e di cui si è grati a La Conchiglia e, in particolare a Riccardo Esposito, per la loro resurrezione. L’autrice è Pamela Reynolds (Londra 1915 – Capri 1935). Vi invito a leggere l’articolo dello stesso Esposito pubblicato ne L’Isola, http://www.lisolaweb.com/it/a/la-farfalla-che-si-lascio-cadere-su-una-scogliera-di-anacapri – per cogliere il fascino, l’intensità, la modernità di questa autrice.
Qui, riporto le due poesie presenti nel libro per la traduzione di Giovanna Vuotto, entrambi riprese da Almanacco Caprese, n.12 a cura dello stesso Renato Esposito.
SEHNSUCHT
Coloro che amo se ne sono andati,
ho fame.
Divoro tutto quello che c’è in casa, poi infilo
le scarpe ed esco in strada.
Vado di negozio in negozio raccogliendo
croissant dalla doratura scura,
grosse barrette di cioccolata fondente
e grappoli di uva levigata e traslucida,
pezzi di formaggio.
I croissant sono secchi, l’uva agra, la cioccolata
sa di terra
A poco a poco li finisco; mi allento la cintura
e accendo una sigaretta.
Ma ho ancora fame.
*
VISITORS
Non riesco a dormire stanotte a causa dei
topi che,
secondo una cadenza asimmetrica,
circolano instancabilmente nella mia testa:
sono delle così vecchie conoscenze.
In un debole sforzo volto a opporvi resistenza
mi burlo dei titoli cangianti delle loro danze
familiari.
Ma il mio cervello è stremato dai ricorrenti
crescendo
delle loro zampe piccole e fredde,
dagli artigli sottili e affilati che
rendono aguzze le loro dita traslucide.
Sono ipnotizzata e nauseata
dall’opaca lucentezza dei loro occhi.
Le code, agitandosi tra le ombre che si
gettano alle spalle
indicano, forse, una serie cospicua di simboli
geometrici:
un’equazione di magia nera.
Il viaggio chiama altro viaggio. Si entra nelle acque, nelle terre, nel petto delle creature (intendo creatura anche la poesia). E non si finisce mai di entrare e di essere entrati.
.
Anacapri – Strada verso Capri – Balconata sul mare-1925-1949
Hugo Alfvén- Anacapri 1924
Quando le cose vengono da te significa che c’è qualcosa, là fuori, oltre i nostri pensieri, le nostre visioni e si trasforma in legame. Grazie per questa traversata, per la passeggiata tra i colori e le voci di Capri…chissà che un giorno…
f
“E non si finisce mai di entrare e di essere entrati”
leggendo l’articolo ho avuto questa esatta sensazione
grazie, un caro saluto
Elina
Bella Capri,da viverci per sempre…e i turisti solo in due periodi dell’anno, quando chi abita è in permesso altrove!
Scherzo, ma Capri ha una bellezza e un fascino che non si dimenticano. Grazie per le proposte di lettura, ho preso nota.Sebastiano
Ci sono stato a Capri da poco.Per le vacanze di Pasqua raggiungo degli amici che abitano là. Ci andavo fin da piccolo, mia madre era un’isolana, poi si è trasferita al nord, ma si vedeva e soprattutto si sentiva che il suo cuore era a Capri, per sempre, anche nei sogni lei stava a Capri. Ora l’ho io quel morbo e appena vedo la costa è una malattia che degenera e non vorrei più venire via. Nicolò.
Il faro di Capri in apertura è una favola davvero! Che voglia mette di andarci! E poi quei pesaggi,i profumi della terra, i sogni che si rincorrono per quei vicoli.Deve essere incantevole.Purtroppo, fino ad oggi l’ho vista solo nelle immagini! Giulia
Non conosco questi autori, ma so cosa significhi camminare nelle condizioni di chi dice di avere fame senza alcun modo di saziarla. Capri? Forse una delle cure più naturali che esistano per chi ha in sè un grande dolore. Gabry
L’ultima foto credo riprenda la porta tra Capri ed Anacapri.Pensa era così profondo il divario tra le due comunità di Capri ed Anacapri che era soprannominata la Porta della differenza.