L’avevamo ospitata qualche tempo fa, Maria Pina Ciancio, attraverso questo suo libro, STORIE MINIME e una poesia per Rocco Scotellaro, Fara editore. Ancora oggi lo sento come un raccolto di semi di tempo e passioni, che bruc(i)ano la vita sotto un cielo che si fa e si disfa nelle stagioni dell’essere, nell’appartenenza alla terra.
Oggi, ospitiamo una recensione del medesimo libro ad opera di Monia Gaita, che ringraziamo per questo suo aprire finestre in luoghi precisi della memoria, in pareti di case in cui, ancora, l’emozione è viva.
f.f.- 27 marzo 2010
Ridecifrarsi senza abdicare alle proprie radici.“Storie minime” di Maria Pina Ciancio ha il rigore d’ordine e di norme interne della poesia scotellariana cui si ricollega non solo per la comune postazione geografica d’appartenenza (ambedue gli autori sono lucani), ma anche per certi indicatori contenutistico-semantici che permettono alle parole di uscire dai triti rigagnoli della prevedibilità o dalla troposfera di un nostalgico revival passatista. Le liriche offrono un fotoreportage accortamente rifinito e partecipato di piazze, vicoli, strade e stagioni su cui, a ricanalizzare le vie del perduto e di sofferte emigrazioni “Evaporano i sogni e dentro i sogni/ v. pag.18 /la storia di mio padre/ quella di valigie di cartone cotte al sole/ trascinate a mani strette/ dentro vagoni neri di carrubi…/e un cartello straniero che fa ombra/ al taglio della sera in mezzo alle ginestre” “Le partenze e i non ritorni –pag.16- sono cicatrici lunghe e oscure da curare” ci pensa l’eufòrbia ricorrente dell’amore compiuto ma periclitante per luoghi offesi da mutamenti tossìnici quanto speditivi. L’amore per il Sud ambisce a riconciliarsi con tutta un’intrigante assonometrìa di riti, usanze, tradizioni che la modernità ha travolto, sostituendo all’affetto autentico e genuino tra le persone, una disontogènesi relazionale di vuoto e incomprensioni. La riconoscibilità non è piena se il vomere delle partenze (anche degli elementi naturali) sèguita a lacerare l’identità di un popolo o se a marcare i lidi dell’oggi è sempre più l’incanto intatto e levigato del trascorso “ …Ce li portano via gli alberi, –pag.31- ad uno ad uno/ come gli uomini/ ma siamo troppo stanchi per accorgercene” “…Si sono spaccate le tegole rosse. E sono finiti i tempi in cui mio nonno ne faceva ripari per le chiuse e mattoni cotti al fuoco per l’inverno –pag.30-” Nella odierna civiltà trasmutatrice Maria Pina Ciancio fruga e trafuga dai diaframmi separati dei paesi l’albumina di bellezza superstite, semicoperta spesso da sovrimposte sembianze architettoniche in stridente rottura con l’anima antica dei “muri”, delle “tegole rosse”, dei “fiori benedetti”, dei “granai”, delle “ombre dei panni stesi per strada che profumano di vita insieme al pane”. La poetessa quindi, sovviene alle trighe dello smarrimento e dell’alienazione conseguente con una forte volontà a ritenere il salvabile raccogliendo i frutti di un lungo, pròdigo, ispirato lavoro di dedizione. L’istmo che congiunge il mondo di ieri e quello attuale s’adorna anche dei grandi poeti che ci hanno preceduto e Rocco Scotellaro a cui è dedicata la compositǐo fanalino di coda della raccolta, dovrebbe costituire la partitura etica, morale e di rinascita civile di un’intera comunità. Dopo aver letto questo libro capirete che non sono affatto mìnime le storie raccontate e che accanto al bacino glaciale dei “non ritorni”, il tentativo di ridecifrarsi senza abdicare alle proprie radici, va oltre il fósco degli espropri rivendicando il diritto a un’esistenza consapevole nell’estuario storico di ciò che fummo e ciò che siamo diventati.
Monia Gaita
“il tentativo di ridecifrarsi senza abdicare alle proprie radici..”
l’amore per il Sud, per la propria terra, è prepotente
a volte è impossibile conciliarlo con un “non ritorno”
una pagina che sta di casa, prossima, precisa
Elina
Grazie di cuore per l’ospitalità e vorrei dire a Elina che il sangue verde e cosmico del nostro Sud ci scorre nelle vene. Il progresso tecnologico con le cancellazioni e gli sfregi dei paesaggi(che speriamo di impedire almeno negli aspetti deteriori) non deve eliderne le antiche radici: quelle ci appartengono da una vita anche anteriore e non sono merce di scambio che possiamo barattare con qualcos’altro. E’ la nostra identità storica, individuale e collettiva, la dignità con cui i nostri nonni hanno lavorato duramente per sfamare i figli e con cui oggi analogamente, ci sforziamo di aprire un varco ad una condizione di vita possibile
Un abbraccio a voi tutti
Benvenuta Monia, visto che sei qui approfitto per chiederti se,magari, ti piacerebbe partecipare al nostro L’idea è che Natale sia Natale.Trovi gli opbiettivi qui
http://fernirosso.wordpress.com/2010/11/25/lidea-e-che-natale-sia-natale/
Fammi sapere e se decidi per il sì,invia il tuo testo di poesia a
cartesensibili@live.it
A presto,spero!ferni
Caro Ferni, ti ringrazio davvero per l’invito e ti assicuro che se riuscirò a trovare un po’ di tempo parteciperò senz’altro alla tua meritoria iniziativa. Mi rivolgo adesso al responsabile del sito: purtroppo la mia breve scheda critica a Maria Pina Ciancio è uscita con una serie di inesattezze abbastanza macroscopiche. Vi sarò davvero grata se potreste inserire la scheda mondata degli errori. Io di errori nella vita ne faccio tanti, ma quando si tratta delle parole sono particolarmente severa e rigorosa (chi mi conosce lo sa), prima di tutto con me stessa. Grazie ancora di cuore se mi darete ascolto
Un saluto affettuoso
Monia
sono io,fernanda,ferni (fernirosso) la responsabile.Dovresti inviarmi tu il testo corretto,poichè questo è quello che risultava essere il pezzo inviatomi direttamente dall’interessata.Il mio piccolo cappello introduttivo, ricordava la mia lettura allo stesso libro fatta in precedenza.Puoi inviare il pezzo corretto a cartesensibili@live.it,provvederò a sistemare il testo in questione.fernanda
NB:faccio notare che il pezzo è uscito qui il 27 marzo e solo l’1 aprile, cioè dopo essere apparso qui,in farapoesia.f