LA VASCA DEI PESCI ROSSI- Giuliana Lucchini – Piccola disputa o diatriba : “la poeta/ la poetessa”.

La vasca dei pesci rossi?

Vi chiederete perchè un contenitore del genere quando ciò che si riporta, in fondo, è un parlare fitto fitto,  una immersione tra fondali  e correnti dove la barriera, corallina, batte la sua  generativa trasmissione di suoni, di ritmi, di specie e specialità. Loro, i pesci, stanno zitti. Muovono le labbra, almeno così ci pare guardandoli, e noi possiamo solo interpretare quanto dicono o non dicono. Si dice ,in letteratura, che i delfini abbiano un linguaggio complesso, come anche le orche…Ma qui, ci occupiamo di razze più piccole, non per questo meno pregiate e incantevoli. I pesci rossi, insomma, quelli che si trovano anche nelle vasche virtuali di molti blog, a cui si può dare cibo virtuale cliccando con il mouse, ci sembravano una buona analogia con quanto accade, spesso, nel giro di una discussione in cui, al primo fremito, o al primo movimento di una pinna, penna, beh! non siamo distanti, segue un moto di altri guizzi e mirabolanti concentrici altri schizzi e bollicine e…Insomma una piccola sommossa all’interno di un acquario quale è la parola, una specie speciale  di sub-acquea con il dono dell’e-mer-sione. Con-giunge: la parola e…guizza, sguscia, crea scie, pur riuscendo a restare profonda. Galleggia? Di tanto in tanto!

Abbiamo pensato che, all’interno di questo acquario, ci siano pesci dunque, pesciolini di un rosso vivo, acceso dalla passione per la scrittura e la relazione con poesia, l’oceano dove altre, innumerevoli figure, vivono in acque profondissime  e buie o lucenti di tanti riflessi. Oltre a Cartesensibili, in questa immersione  sub, nelle acque di poesia, altri due luoghi d’acque, della specie già detta, ospiteranno nelle loro vasche, gli ospiti, anche  Lietocolle, La Tela Sonora.,…Ognuno porta il suo mare attraverso una corrente che viaggerà libera da qui a lì e oltre, nelle diverse rive  che vorranno affacciarsi.

Anna Maria Farabbi, con cui ho con-fabulato di  tali immersioni, darà qui di seguito ulteriori ragguagli  sul percorso e le ipotesi di scambio tra gli acquarium…in fondo è ” una farista ” e il mare, le acque pescose, o remote, le osserva con grandissima cura.

f.f.

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Questa lavagna virtuale, liquida, ha il pregio potente dell’immediatezza comunicativa, con estensione illimitata, sorprendente. Sfonda confini e congiunge tastiere da un punto all’altro del mondo.

Personalmente, in un certo senso, sono un animale femmina preistorico: mi affaccio pochissimo nei porti virtuali, siti blog che siano e, pur praticando la posta elettronica, continuo maniacalmente a spedire lettere con carta pregiata scritta a mano. Se avessi più tempo, sono certa, utilizzerei perfino i piccioni viaggiatori.

Tuttavia, credo si possano creare opportunità, congiunture, incontri,  non solo tra persone e pensieri, ma tra case editrici, riviste e associazioni culturali.  Creare, appunto, avendo il desiderio del dialogo e dello stimolo reciproco.

L’altra sera, Giuliana Lucchini, mi espresse in una sua lettera la possibilità di porre due parole in luce POETA  o POETESSA, verificandone l’attualità. Le segniamo qui, in questa carta sensibile, accanto al suo scritto, proponendovi un commento.

Non soltanto si apre un significato linguistico, non a caso Giuliana Lucchini fonda molto dei suoi studi nella traduzione e quindi negli aspetti filologici e semantici della lingua, ma viene suscitato un mondo culturale femminile che da più di quaranta anni ha lavorato e continua per le pari opportunità socio culturali e, non ultima, per una giusta riappropriazione femminile della nominazione.

Corrispondente a questo foglio, la piazza virtuale della casa editrice Lietocolle www.lietocolle.com , de  La Tela sonora di Daniela Terrile http://latelasonora.blogspot.com/2010/02/la-poeta-la-poetessa.html, e,  individulamente, da quella di Vittoria Ravagli  , si  faranno contenitori di  altre  voci che rispondendo, delineeranno una o più posizioni. Ecco, ancora una volta, le piazze parlano e agiscono, legate dallo stesso filo.Si ricorda che anche in facebook è presente questa stessa nota “ Si dice LA POETA o LA POETESSA? “nella bacheca di Lietocolle.

Personalmente, ritengo utile questa esperienza, se non altro per incontrare la generazione più giovane degli scrittori e delle scrittrici, risvegliando ed evidenziando percorsi di studio e di ricerca passati e presenti, spesso sommersi o non adeguatamente conosciuti.

Anna Maria Farabbi.

G i u l i a n a  L u c c h i n i – Piccola disputa o diatriba :

la poeta/ la poetessa”.

Nessuno si sognerebbe mai di riferirsi a Saffo, o a Gaspara Stampa, come ‘la poeta’.  Tuttavia c’è ancora chi crede che dire ‘poetessa’ sia discriminante per la donna che scrive poesia.

In senso generico, si chiama ‘poeta’ chiunque, indipendentemente dal genere femminile/maschile, siamo d’accordo.  Ma insistere a porre l’articolo femminile e dire ‘la poeta’/’le poete’ ogni volta (quasi un rifiuto della propria condizione, mentre si vuole affermarsi), al giorno d’oggi, dopo le conquiste di indipendenza orgogliosa e di affermazione di volontà femminile, suona quasi ridicolo. La cosa poteva andare bene quando la donna era considerata non all’altezza degli uomini nei campi della conoscenza e del potere creativo, per la sua condizione secolare di reclusa alle mansioni del focolare domestico: soggetto debole. Nessuno si sogna più di riferirsi a quel tempo andato.  La donna ha ampiamente recuperato, ha bruciato i tempi, e oggi cavalca sulla prateria del sorpasso.

“ – Sono gli uomini che hanno imposto la distinzione del ‘genere’ ”, si sente dire.  E chi altri, se no?  Dio, che creò l’uomo e la donna, uguali e distinti.

Chi si sognerebbe di chiamare ‘la pittore’ una pittrice, o ‘la professore’ una professoressa? Ci sono secondo l’uso nomi in comune che per distinguersi nel genere usano l’articolo femminile, ‘dentista’, ‘farmacista’.  Ma chi direbbe ‘la medico’, ‘la dottore’, ‘la scrittore’ ?

Soltanto perché poeta finisce in ‘a’ ?

Per valutarsi grande oggi la donna non ha bisogno di espedienti di spinta maschile. E’ già forte e libera.

La nostra ricca lingua italiana (grammatica fatta da uomini, d’accordo) ci permette di distinguere fra genere maschile e genere femminile senza disdoro.  Il sesso ci differenzia. A ognuno il proprio posto. Usiamo la lingua secondo la tradizione. Rivalutiamo il termine “poetessa”, così nobile e distinto.  Per sentirci donne di successo al pari degli uomini, non ci abbassiamo a trasformarci in maschi, appropriandoci di un nome loro, per darci vigore e distinguerci a loro pari con un ridicolo ‘la’.

Non ne abbiamo bisogno.

Chi la pensa diversamente?

RISPOSTE

Il mio gruppo di poete (o poetesse, a volte) Donne di poesia di Modena, promosse un laboratorio di scrittura qualche anno fa e lo nominò Poeta: femminile singolare. Non per uscire da canoni linguistici tradizionali, né contraddittoriamente per essere come i ‘maschi’, pur rivendicando la diversità di genere ed individuale. Nel gruppo e tra noi amiche diciamo, sì, ‘la sindaca’ ‘la dottora’ ‘l’assessora’ e via così, come a volte ‘la sindachessa’ (non esistendo comunque, nella lingua ‘tradizionale’, la possibilità di un sindaco donna), oltre a ‘dottoressa’, ‘professoressa’. Con la libertà di parlanti (o parlantesse, perché no?) che scelgono le situazioni ed i contesti, ma che, anche, a volte, vogliono riappropriarsi di una lingua per segnarla di un nuovo simbolico che le dica anche loro. Le parole vivono solo in scambio costante con le cose, con il mondo, e le donne, che oggi non sono proprio in sorpasso (in un tempo –per dirne qualcosa terra a terra –  di stupri ripetuti ed ammazzamenti quotidiani da parte di mariti fidanzati etc), sentono il bisogno di segnare della loro presenza la lingua, magari solo una presenza di desiderio, e magari una lingua considerata come quella materna che, magicamente, deitticamente, segnando col dito il mondo e dicendolo, lo metteva al mondo. Lasciamo che circolino entrambe, le poete e le poetesse: più che contraddittori, sono segni di faticoso cammino, di ricerca, ed entrambe, così come sono tutt’e due, già cambiano l’ordine simbolico.

Milena Nicolin


°°°°°°°°°°°°° attraverso  Vittoria Ravagli

°°°°°°°°
°°°
°°
°

diana°°°°

°°°

POETESSA!!!!!!!
In inglese non c’è distinzione di genere nei nomi ma si capisce solo dall’articolo; in francese c’è il femminile (ma non quello di professeur, ministre e auteur che io sappia), e in spagnolo si dice la poetisa: meno male!!!!!! Viva i nomi al femminile ^^ Al 21, bacio
Gea (17 anni)

°°°°°

Cara Vittoria,

ciao. Per me e’ quasi lo stesso, visto da come uno pronuncia la poetessa o la poeta, neutralmente o pari pari o con una punta di disprezzo nei riguardi di quasi tutte le -esse. A me non dispiacerebbe affatto, anzi mi sembrerebbe l’unica forma esatta che all’ex ministro Susanna Agnelli e a quelle attuali, si direbbe la ministra. Se abbiamo la maestra, e da tempi quasi remoti, sarebbe naturale che coniassimo anche qualche ministra .Speriamo tante e sempre di piu’. Ma smettiamo di chiamarli il ministro, questa si’ che e’ grossa.O a causa dell’alta funzione che fino a poco tempo fa era di assoluto dominio maschile non si addice? E chi lo dice?

Spero che tu abbia capito come la penso. Purtroppo io questo “sorpasso” della Lucchini non lo vedo. Le paghe femminili continuano a essere piu’ basse di quelle degli uomini per mansioni uguali. E allora? Siamo costrette purtroppo a… lotta continua, anche se siamo di natura pacifica e pacifista.

Con affetto

jolka  Milic (traduttrice)

°°°°

Be’, non è proprio vero che “nessuno si sogna” ecc.: la sottoscritta chiama proprio Saffo (e Gaspara Stampa, e Suor Juana Inez e le mille altre su cui ha scritto articoli e saggi e di cui ha tradotto testi) “poeta” da vent’anni. Non credo che cambierò. E quando aggiungo l’articolo non intendo “affermare” niente, se non che la persona di cui parlo è di sesso femminile. Così continuerò a dire la poeta ed il poeta, ma anche la ministra ed il ministro, l’assessora e l’assessore, la vigile ed il vigile, perché il maschile non è neutro, perché di ministre parlava già Foscolo (e nessuno è passato sui suoi scritti con la penna rossa e blu dicendo che non sapeva l’italiano) e perché la lingua è una cosa viva.

Non è vero neppure, e questo in assoluto, che “nessuno si sogna” più di ritenere gli esseri umani di sesso femminile una categoria inferiore. La maggioranza dei poveri del mondo sono donne; la maggioranza dei profughi ambientali sono donne; i tre quarti degli analfabeti del mondo sono donne; una donna su tre, nel mondo, muore fra i 15 e i 45 anni delle violenze subite; una bambina ha in media meno della metà delle probabilità di sopravvivere di un bambino; le donne producono circa il 70% del cibo del pianeta e posseggono l’1% delle risorse economiche. Ma noi siamo in Italia, vero? E in Italia basta accendere la tv: e se proprio non si vuole, e con ragione, basta dare un’occhiata al documentario di Lorella Zanardo. O sfogliare un giornale e fare un po’ di conti fra escort e stupri, fra i “premi al talento futuro” e i massacri della violenza domestica, fra mamme vip e mamme nip (non important person), eccetera eccetera.

Ciò detto: Giuliana Lucchini è ovviamente libera, oltre che di pensarla come vuole, di scrivere quel che desidera. Io non pretendo che lei cambi. Perché lei lo pretende da me?

Maria G. Di Rienzo (scrittrice, traduttrice)

°°°°

Carissime…

invio a Vittoria la mia prima risposta d’impatto e metto le mie amiche poete  in conoscenza.

——

Prima risposta ”all’impronta”:

il sogno (scrittura recente ancora provvisoria)

C’è una scritta sul muro
voglio un mondo all’altezza dei sogni
All’altezza dei sogni…
ma con i sogni all’altezza del cuore.
E l’orizzonte…

L’orizzonte è una linea illusoria
appoggiata tra gli occhi e il pensiero.
tra gli occhi e il pensiero.

E’ forse quella l’altezza dei sogni?

Che possono dire le poete del sogno
del sogno rubato, rapinato,
incastrato tra i denti del quotidiano
nelle misere vite che rincorriamo
nell’immagine video desolata
nella pubblicitaria spelonca delle veline,
delle escortine delle brave mammine
delle ministre maestrine…
delle mafie di stato
abbiamo disoccupato le strade dai sogni
come ci avete intimato
ma ora che sono vuote che ce ne facciamo?
vuote o meglio
piene di orrore e stupidità.

che possono dire le poete del sogno
se non si possono staccare più
gli occhi dal quotidiano,
con le mani intrise in questi miseri panni
nella mancanza di pane e lavoro e sorrisi

Possono dire tutto, che tanto
non le ascolta nessuno e allora dico
che sono stufa, stanca, stremata ,
ma non mollo.

Posso dire che sogno, che sogno, che sogno.

(7/2/10)
(la citazione di Lolli è consapevole)

Ci sarà poi, forse, una più meditata… risposta, di certo però chiedo: … diremmo artistessa?  acrobatessa? clarinettistessa? concertistessa? comunistessa?  femministessa? musicistessa? patriotessa?

C’è una bella parola che finisce in –a, poeta, è già lì, pronta, pronta per noi … io me la prendo. Mi piace.

Non ne voglio un’altra, pomposa e difficile, che per il suo suono eccessivo mi impedisce di autorizzarmi a scrivere.

Voglio questa, semplice e grande che connota un’arte grande e umile insieme.

Poet-a! E’ già femminile! Come artista, musicista, concertista  e tante altre legate alle arti …  guarda caso ….

E mi sembra normale e giusto, giusto per capire di chi si parla, giusto, nella lingua italiana, mettere l’articolo, certo, perché no? come le artiste, le concertiste, le musiciste, le patriote ……

C’è poi un brano di Amalia Rosselli, che parla, se non erro, proprio in favore di “poeta” (e “poete” ?) brano che conosco grazie alla Frabotta che nel suo ultimo “Quartetto per masse e voce sola”, (Donzelli, 2009), lo riprende. Anche se la Frabotta mi sembra dica  “un” poeta: “un poeta (..)come la Rosselli” .

Ma a me, che da un po’ di tempo uso con piacere “la poeta”, “le poete”, il suono già piace e non mi sembra più neanche e per nulla strano. La lingua la si fa anche con l’uso.

Quanto alle conquiste delle donne, quanta fretta! con tutte queste “escort” e queste massaggiatrici a 1000 euro in giro… non mi sembra il periodo storico migliore per dire “ce l’abbiamo fatta”.

Aspettiamo ancora un paio di secoli?

Leila Falà poeta

°°°

Poeta? Poetessa?

Maschile? Femminile?

Grammaticalmente sono solo convenzioni

Mare in italiano è maschile, in francese è femminile

Forchetta in italiano è femminile, in spagnolo è maschile

Gli inglesi tirano dritto e non attribuiscono genere ai sostantivi.

Ma rimaniamo nel nostro Paese

Perché fiore è maschile? Maschile, il fiore?”.

La “cravatta“, la portano gli uomini, però è un sostantivo femminile, il “vestito” che di solito è l’abito delle donne è di genere maschile. Per non parlare poi di “seno:” Il seno, maschile? Innanzitutto sono due e appartengono alle donne, quindi dovrebbe essere come minimo femminile plurale o di “barba“: la portano gli uomini, ma è femminile.

Allora tralasciamo queste riflessioni perché chi scrive poesia forse vuole solo restituire al linguaggio e alle emozioni la meraviglia di stare al mondo e di contemplarlo.

Michele Davalli (commercialista attore)

°°°°

tutte in data 17 febbraio

10 Comments

  1. ALtri commenti, sempre attraverso Vittoria Ravagli, sono quelli giunti oggi e che lascio, qui, tra i commenti del post, ringraziando tutte/i coloro che hanno aderito:

    Dale Zaccaria 18.2 (poeta)

    Per me Il poeta non ha sesso,
    non direi mai la poeta ad esempio.

    Si è poeti prima uomini dopo generi uomo/donna ancora dopo.

    Poetessa non mi è mai piaciuto,
    mi sono poeta io oltre il genere, articolo Il/La

    Dire Il poeta per me è anche una sfida agli uomini

    °°

    In parte è vero anche quello che dice la Lucchini,
    io quando dico il poeta è perché penso quasi a uno spirito soprannaturale, come se fosse aldilà.
    Ma il discorso della Lucchini è vero, per quanto riguarda la società patriarcale in cui viviamo il termine Poetessa assume un altro valore

    °°°

    Anna Ravagli (scrittrice)

    Condivido in gran parte le riflessioni di Giuliana Lucchini, e ritengo fuori luogo una discussione sulla scelta dei due termini POETA/POETESSA . Questo, sia per quanto concerne il significante che dal punto di vista del significato.

    “Inventare” nuovi termini ha un senso se l’uso linguistico consolidato non corrisponde ad esigenze di una realtà nuova ; rifarsi ad un vocabolo di uso comune non significa, a mio avviso, essere tradizionalisti, ma accettare consapevolmente una dizione avallata da secoli. Tutto ciò senza venir meno ad un orgoglio femminista, che deve sostenere ben altre lotte, senza attardarsi su una discriminante puramente ideologica, a mio avviso priva di spessore, e con sfumature vagamente snobistiche.

    Scelgo quindi POETESSA.

    Anna Ravagli

    18.2.2010

    °°°

    Fiammetta Giugni – poeta

    Ciao Vittoria, nel mio lessico personale io faccio la distinzione fra i poetessi/poetesse e i poeti/poete.
    Alla prima categoria appartengono quelli che non mi dicono niente, che usano la parola per dire se stessi; alla seconda categoria appartengono quelli che usano se stessi (fino allo sfinimento, se necessario) per dire la parola.
    Alla prima categoria appartengono in tanti, alla seconda in pochi.
    Ma questo è solo un mio modo di vedere… e di parlare.
    Ciò premesso, le ragioni di Giuliana Lucchini sono condivisibili.
    Io, a causa del lavoro che faccio, mi ritrovo da anni alle prese con il “problema del veterinario”. Quando chiamo al telefono i miei utenti dico: “Sono il veterinario”. Dire “Sono la veterinaria” mi fa pensare all’ars veterinaria e non mi viene spontaneo.

    Un abbraccio affettuoso

    1. Ciò che intendo per poesia è terra: amata, osservata, letta,scrutata,lavorata,rispettata,ringraziata,ricordata,descritta,onorata per la nascita e la morte di ogni cosa.
      Ciò che intendo per abitante di questa terra è un essere che non abbisogna di un sesso specifico potendoli vivere in sé entrambi, anzi ricercando l’altra/o per poter andare fino a ciò che considero un CON-FINE irrinunciabile.
      Scrivente è la persona nell’atto di raccogliere le esperienze, sia che siano sogni sia che siano segni del passato, del presente e anche del futuro. Poesia non ha barriere, né nazionalismi, né ideologie che sviluppino una mappa dei luoghi attraversabili o vietati. Si raggiunga la profondità assoluta del cosmo o quella degli oceani, il ventre gassoso di una stella o i fornelli di una cucina dismessa non ha importanza. Poeta, non abbisogna di un articolo, li dis-fa da sé gli arti e i pre-fissi, o i suf-fissi…”sfissandoli” da quei picch(i)etti che volevano scavare un buco e farci la cova, di uova di mancate alleanze.
      C’è chi scrive e si firma con una cifra, come a segnalare il senso profondo di tale nome: zero. Penso che sia questa la base: sentirsi sempre allo zero, e muoversi, un passo dopo l’altro, verso me-te che non sono che veicolazioni, non tra-guardi,come scri-venti. Altri titoli li lascio alle banche che,ultimamente,li hanno messi in ribasso per marciare o marcire, dipende dai punti di vista,su una de-finizione d’origine: usura.
      Chiamarsi o farsi chiamare per nome, ma quale?Poeta? Scrive meglio quel poeta se gli aggiungo un articolo? Ne vendono a iosa, di articoli da consumo… Che tra-bocchetti sono questi? Li lasciarei ha chi ha mire di premier(e).
      ferni

  2. so già d’essere fuori ‘tema’, ‘argomento’ o semplicemente fuori…ma è da tempo che non mi ritrovavo concorde con un’impostazione sui termini ed i significati del dire e dello scrivere…vi dirò: mi sono anche divertita!
    ben vengano queste voci e queste lettere!
    i pesciolini rossi sono meraviglia, ai miei occhi!
    scusatemi…
    api

  3. Allego ulteriori due commenti giunti oggi nella vasca dei pesci rossi…

    Diletta Barone (scrittrice)

    personalmente preferisco poetessa…e mi piace anche di più continuare a chiamare signorine le ragazze e signore le donne sposate…quando un uso è garbato perchè cambiarlo ? Diletta

    °°°°
    °°°
    °°
    °
    Paola Cimatti

    Carissime, da diversi anni ho fatto l’orecchio a “poeta” con l’articolo determinativo femminile o maschile, come “artista”, “musicista”, ma anche come “studente”.

    Ricordo di avere scritto verbali di consigli di classe con queste diciturre “gli/ le insegnanti” e “gli/le studenti”. A chi rimaneva un po’ sconcertato facevo una piccola lezione, avvalendomi anche della possibilità di citare le “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, che uscì a un certo puunto degli anni ’80 ad opera, nientedimeno, che di una commissione del Ministero Pari Opportunità /a volte i titoli e le fonti di sutorità riconosciuta servono).

    A questo punto, “poetessa” mi fa lo stesso effetto di “pennellessa” e “coltellessa”, cioè. “un poeta di forma larga e schiacciata”. L’uso di queste parole, quando l’alternativa è facile, presto rientrerà fra gli arcaismi.

    Paola Cimatti (professoressa e profetessa)

  4. Ancora Vittoria Ravagli ci invia nuovi commenti. Nell’ordine di ricevimento li pubblico qui.

    Il primo commento è una poesia di Giulia Niccolai tratta dalla sua raccolta

    A una donna giovane e carina
    non è concesso definirsi poeta,
    filosofa o quant’altro.
    Le sarà permesso solo da vecchia,
    quando si sarà scrollata di dosso
    tutta la sua patina di desiderabilità.
    Succedeva ai miei tempi e – mi dicono –
    succede ancora adesso.

    Io mi presentavo sempre come
    “traduttrice”, se poi mi capitava
    di aggiungere: sono anche poeta,
    immancabilmente l’interlocutore
    mi correggeva: vuoi dire “poetessa”?
    La volta successiva, con un’altra persona,
    se dicevo: sono anche poetessa,
    venivo comunque corretta con un:
    vuoi dire “poeta”?
    Insomma, una beffa.
    Ora sono monaca.


    Giulia Niccolai, Frisbees sulla vecchiaia –

    °°°°°°°
    °°

    Sono anni e anni che chiedono al Gruppo ’98 Poesia di Bologna, di cui faccio parte:”Poeta o poetessa?”, anche da parte di donne molto preparate. Tanto tempo fa ponemmo la domanda alla nostra fondatrice Serena Pulga. Lei rispose:” E’ indifferente. Vanno bene ambedue. Usate il termine preferito”. Il Gruppo ’98 sceglie in maniera compatta il vocabolo “poeta”. Sono molto d’accordo sugli interventi di altre due componenti del Gruppo: Paola Cimatti e Leila Falà.

    Scelgo “poeta” innanzitutto d’istinto, perché mi piace di più, mi suona meglio all’orecchio e da tempo ci ho fatto l’abitudine. E’ un termine breve, sintetico e con una bella “A” nel finale. Basterà l’articolo davanti per indicare il femminile o il maschile.

    Il motivo razionale è semplice, senza tante spiegazioni fumose: i vocaboli in “essa” al femminile hanno sempre avuto un’accezione, una connotazione negativa, DISPREGIATIVA. Perfino il fascicolo Ministeriale per la Scuola, che ben ricordo, (citato da Paola Cimatti), suggeriva un “uso non sessista della lingua italiana”. Nessun ragazzo a scuola da anni si sogna di dire “professoressa”, ma brevemente “prof”. Del resto la lingua va verso la SINTESI, non il contrario, cosa di cui già Manzoni si era accorto.

    Certo ai tempi di Saffo e di Gaspara Stampa di Femminismo non si parlava: è una Rivoluzione storica recente, che non si è ancora affermata del tutto. Magari! Ha bisogno della “lunga onda della Storia”. Io questo ventilato “sorpasso” femminile non lo vedo, purtroppo, in nessun campo della realtà che mi circonda. Basti pensare agli episodi di violenza in aumento.

    W LA RETE
    DI DONNE POETE!

    Serenella Gatti Linares (poeta)

  5. Anni fa, seguendo un’abitudine familiare, ho sempre detto – e scritto – poetessa; non ho mai avvertito un segno negativo in questo nome. Poi negli anni ho notato che alcune si definivano sempre e solo poete: era come un segno distintivo di un tipo di donna, di femminista. Nello stesso tempo mi capitava di leggere, su donne molto emancipate, il loro cognome premesso da “dottore”, “caporedattore” “sindaco” “assessore”, e correggevo, a modo mio, subito, perché davvero non capivo il senso di questo omologarsi all’uomo e provavo un grande fastidio quasi fisico. I tempi cambiano ed anche il vocabolario va adeguato. E se in certi casi scegliere è per lo più un fatto di suoni, c’è anche bisogno di chiarire. Di fare uscire allo scoperto, e definirle bene, figure di donne, professioni, prima solo considerate o quasi maschili, volutamente nascoste, dimenticate. Non c’è motivo per non farlo.

    “Poeta” va benissimo per me, ma non rifiuto “poetessa”; come ciascuna vuole. In questo caso abbiamo ben due modi a disposizione per definirci. Allora scriviamo liberamente.

    Certo se dirsi poeta vuole dare un senso tutto nostro, ma molto forte e vero, ad una parola, quasi diventasse il simbolo del nostro esistere in positivo, come donne, con il carico e la sofferenza di tutto quanto ci riguarda da vicino, allora vada per “poeta”. Come il colore viola vorrà dire: “noi vogliamo cambiare questo mondo che non ci piace, che ci discrimina, che ci offende”.

    Le donne non sono arrivate, neppure in questo occidente così detto civile. Hanno fatto tanti passi avanti e moltissimi ancora ne debbono fare, in questa terribile ingiusta società razzista.

    Ingiusta e violenta sotto tutti i cieli.

    Vittoria

  6. Prima di tutto saluto Vittoria e la ringrazio per la staffetta delle risposte che ci ha inoltrato fino ad oggi.
    Quanto alle sue osservazioni, che condivido per certi aspetti, vorrei ricordare la risposta telegrafica di Luigi Bressan. Lui, in forma di battuta e con la sagacità che gli è propria, penso volesse esplicitare la “femminilità” del poeta, l’uomo-poeta, in quanto è la capacità generante tipica del femminile che gli permette di in-gravi-darsi, di parole e sensi, di intenti e intendimenti, addirittura mutare nel corpo e nella voce, nella psiche. L’ho inteso come un riconoscere “al femminile” la dote di apertura verso la vita, la gioia ma anche il dolore, il porci in relazione agli altri, all’essere.
    ferni

  7. Credo che la poesia sia una, come l’humanitas, con una polarità sessuata. Non riesco a vedere i termini di una vera questione nel dibattito sui generi dei nomi. Credo fermamente che la massima espressione del maschile sia l’equanimità che proviene dalla forza interiore; che il peso del mondo sia sostenuto in parte preponderante dal femminile e nel femminile riposi il suo futuro. L’uomo dovrebbe sostenere la donna nello sforzo comune di progettarlo a misura di entrambi.luigi bressan

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