Come al solito ero…in giro, gironzolavo perlustrando le maglie della rete, per vedere cos’era rimasto del mare. Chi frequenta i litorali sa che i pescatori prima di una nuova uscita in mare ripassano le reti: è noto che in esse restano impigliati rami, granchi, alghe, conchiglie e ancora tanto altro. Anch’io, osservando le reti, ho trovato non cose, ma due rive di uno stesso mare. Due voci, non rivali, su cui rivà e ritorna, un’onda dopo l’altra, poesia.
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L’antro ziél del mondo
Note in fra le rame de novènbar.
De nui grandóni polsadi de stornei
ta’l negro fis gatïun dei zipressi.
Ta sto blu fondo ’l me oc’ al se sfanta,
de sto blu fondo xe fata l’ànema
che senpre de manco mea de ti,
de duti la xe; e quel che al iera
brùsia pa’l ziél ancói al se fa midàl
de ’n’antro biau, un biau se se pol
’ncora più fondo. L’antro ziél del mondo.
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L’altro cielo del mondo
Notte tra i rami di novembre. / Di immense nubi quietate di storni / nel nero fitto intrico dei cipressi. / In questo blu profondo il mio occhio si perde, / di questo blu profondo è fatta l’anima // che sempre di meno mia di te, / di tutti diventa; e ciò che era / confine per il cielo oggi si fa soglia / di un altro azzurro, un azzurro / ancora più profondo. L’altro cielo del mondo.
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De un vént
Se te digo chi soio te digo de un vént
che alt in fra le fóie mai conpagne
al sùfia; de le corantìe zidìne
de un muso che ta’l unbrïun, al lusor
del zorno ’l xe ’n ruiùz che saldo ’l córe,
che del color de un grun de ziei ’l se tenze
ta la só curuda ’ncòntraghe del mar.
So che onde che no son mi son ’ntant
che verzo i barconi t’un mondo ’ncora
drìo drumir, ciari i lusori, al me cant
ta i ’nsonii de usei che i pisuca
ta le solità de le mace turchìne.
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Di un vento
Se ti dico chi sono ti dico di un vento / che alto tra foglie mai uguali / soffia; delle correnti silenziose / di un viso che nell’ombra, nella luce // del giorno è un rivo d’acqua che scorre senza fine, / che del colore di tanti cieli si tinge / nella sua corsa verso il mare. // So che dove non sono io sono mentre / apro le finestre su un mondo che ancora / sta dormendo, rare le luci, il mio canto / nei sogni di uccelli assopiti / nelle solitudini delle macchie azzurre degli alberi.
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Rintocchi
Si apre coi vetri la stanza al grido
radente dei gabbiani nell’aria
piovosa. Una cenere
di pace profuma
i giardini avanzando nel bianco
del fumo che s’incurva
fino a sfiorare la terra. Terra
indurita dal gelo dove il rumore
dei passi scorre senza lasciare
orme. Giorni di dicembre.
Sulle acque un opaco splendore
sembra cogliere insieme all’ombra
di un corvo l’ombra delle ore
in fuga. I rintocchi
si dissolvono nell’aria
umida e densa, recisi
come li sentivi tra gli alti
argini dell’estate, contro
l’argilla nascosta di una parete
scomparsa. Foglie di gelo ora
sulle pietre mentre spoglia
di te rimane un guado
la voce alla luce, negata
dal cielo, che soffia lontana
dai canneti frustati.
Là tea me tera- Luigi Bressan
Là tea me tera che no cresse
sirà jassà i canai
co tute ’e so erbe e i so pesse
che se puoe caminarghe
dessora, russi e zai
o grisi co fa i morti.
Torno ze verto fin do’ che se ’ede,
le case va i’ s-ciapo co i crocai:
el tenpo lima e tira fin el vento.
Cussi se fassarémo anche noantri,
i oci schicià so ’n fìà ’e colore,
a l’acua che no bagna e che no cede.
Là nella mia terra che non cresce saranno gelati i canali con tutte le loro erbe e i loro pesci
che si può camminarci sopra, rossi e gialli o grigi come i morti. Intorno è aperto fin dove si vede,
le case vanno a stormo con i gabbiani: il tempo lima e tira a lucido il vento. Così ci affacceremo anche noialtri,
gli occhi schiacciati su un po’ di colore, all’acqua che non bagna e che non cede.
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Ivan Crico-note biografiche
Nato nel 1968 a Pieris (GO). Ha iniziato privatamente gli studi artistici nel 1981. Si è diplomato in pittura nel 1992 all’Accademia di Belle Arti di Venezia specializzandosi in incisione sotto la guida del maestro Franco Dugo. A partire dal 1983, ha iniziato ad esporre in numerose personali e collettive in Italia e all’estero. Profondo conoscitore delle tecniche antiche, dal 1995 ha iniziato ad interessarsi inoltre anche alla decorazione antica e al restauro, diventando ben presto uno dei decoratori più apprezzati a livello nazionale, lavorando anche a grandi lavori di ricostruzione di affreschi in prestigiose ville e palazzi storici. Dopo essersi inizialmente segnalato come poeta in lingua, nel 1989 ha cominciato ad impiegare il nativo linguaggio “bisiàc”, un’originale e antica variante veneta che si parla nei paesi del monfalconese, tra l’Isonzo, il Timavo, il Carso ed il mare Adriatico. Suoi testi poetici e saggi critici sono apparsi, a partire dal 1992, sulle maggiori riviste italiane come “Poesia”, “Lengua”, “Diverse Lingue”, “Tratti”, “Frontiera”. Nel 1997 ha pubblicato Piture, a cura di Giovanni Tesio, per l’editore Boetti di Mondovì; nel 2003, per il Circolo Culturale di Meduno, con prefazione di Antonella Anedda, Maitàni; nel 2006, per le edizioni del Consorzio Culturale del Monfalconese, Ostane e nel 2008 De Arzent zu edito dall’Istituto Giuliano di Cultura di Trieste. Con Pierluigi Cappello ha ideato la collana di poesia “La Barca di Babele” di cui ha curato anche l’impostazione grafica.Della sua poesia si sono occupati i maggiori critici italiani da Brevini a Tesio, da Giorgio Barberi Squarotti a Villalta, dall’Anedda a D’Elia. Figura tra i nove autori inseriti nell’antologia “Tanche giajutis” curata da Amedeo Giacomini che comprende i poeti più significativi nei dialetti e le lingue minori degli ultimi decenni del Friuli Venezia-Giulia ed è stato incluso anche all’interno della fondamentale antologia “Via Terra”, di prossima uscita, che comprende i maggiori poeti della poesia neodialettale italiana. Nel 2009 Ivan Crico,che scrive ormai da molto tempo in bisiaco, è il vincitore del premio nazionale di poesia Biagio Marin.
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Per le note biografiche relative a Luigi Bressan si veda Cartesensibili-Chi siamo
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Riferimenti:
http://www.viadellebelledonne.it/Default.aspx?tabid=222
http://rebstein.wordpress.com/2009/08/07/essere-qui-per-dare-un-volto-ivan-crico/
una pagina molto ricca, suggestiva
i testi parlano della natura, ci portano i suoi elementi
gli alberi, il vento, il cielo
mi colpisce il verso “L’altro cielo del mondo” poichè esprime una tensione, un’emozione, forse la fiducia o fedeltà ad una terra che è in tanti luoghi
complimenti a Ivan Crico
leggo la poesia di Luigi Bressan come un viaggio che attraversa le cose della natura restituendo al lettore la dolcezza/forza della memoria
grazie per questo testo
un caro saluto a Fernanda
Grazie per l’ospitalità e, ancor più, per lo spazio offerto a Bressan, un poeta vero che ha dato tanto, a tutti, poeticamente ed umanamente. Ivan Crico
Spero che, appena è possibile, ci sia una presentazione migliore di questa mia, che intendeva evidenziare, abbastanza semplicemente, un dialogo non tra le lingue, ma tra le persone, che abitano i luoghi che quelle loro parole “coltivano”. Grazie e a presto,ferni
Non conosco molto il dialetto, anzi i dialetti, visto che in tutto il paese se ne parlano molti, e non ho molta dimestichezza nemmeno con l’italiano,ma trovo in tutte queste lingue una umanità grandiosa e lieve, che si salva grazie a queste penne, cuore di poesia. Grazie per non abbandonare questi elementi di storia dell’umanità.Giacomo
Non ho parole, sono rimasta con il cuore in mano per tanta bellezza e tanta profondità d’animo.Sinceramente grazie,Giovanna Kless.
condivido con voi il piacere della lettura di questi testi, sono versi che vengono a vivere in ciascuno di noi con una lievità che ristora. Grazie per le letture a nome degli autori che so presi da gran lavoro.fernanda