“…visto, dunque, che il cielo ha così formato il mio corpo, l’inferno perverta la mia mente sicché corrisponda ad esso…” Riccardo III- W. Shakespeare
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Lei
la volpe
una rossa volpe
la morte
l’io che sì
i n s e g u e
e i n f i a m m a in pensieri le passioni
negli specchi della storia salta
rincorre le mie giornate ricorrendo tra quelle di milioni di altri
uomini e donne. Passato.
E rotti gli argini non so più cosa è mio
e cosa sia della volpe.
Lei corre
corre
corre
corre nella traccia ritraccia e allaccia altri passi ad altri
inciampi che solo lei riconosce. Li annusa.
Come lei
vivono dello stesso odore
di terra un luogo
abbandonato tra le crete del campo.
Brucia la specie. Una finita spessa
fitta siepe e spes
dell’infinito che so re.
Ma. Sta scritto.
E’ già stato scritto.
Da qualche parte dentro la storia
un tarlo dio in persona ha lasciato
la parola segreta
la polvere santa
e le segrete dentro cui si è persa la chiave
in ogni vena dell’umanità reclusa. In questi paesaggi
la sete è l’unico fiume che folle corre
tra generazioni di s e m i n a t i v i
corre come quella volpe
corre corre corre
c o r r e o ha disgiunto il suo inizio
il nome di una consanguineità originaria.
Fuoco
un germe di fuoco
si annida in quella corsa fulva
tra i miei muscoli e il vostro non comprendermi
si stringe il fiato attorno alla parola
si fa corto lo spazio
un circuito di vene e tendini dentro cui tutto
silenzio menzogna giudizio vuoto odio e
amore e indifferenza e carne e taglio e. Tutto
vive infiammato
in quello strappo del rosso tra gli specchi
di terra e gli spicchi di cielo
vermiglio.
Sì l’istmo:
lingua praticata e fiore di fiamma
nel limine lascia seme e fuoco
il sortilegio della notte
il balsamo dell’oscurità e perpetuamente
ritempra l’ oblio l’uno dell’altro
la rossa volpe
per ogni intollerabile paura.
Ecco
questo ha in dono l’uomo.
Essere un obolo
di oblio e il commiato
da tutto quanto lo separa
lo frantuma in braci e bracieri
in questa vita dissennata.
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f.f.- 27 ottobre 2009
questo inedito è un fuoco da attraversare così come le cose che racconta sono fiamme, le nostre fiamme
da cui, a volte, non vogliamo farci toccare o scaldare
o forse illuminare
grazie, elina
grazie a te che l’hai percorso, come quelli che camminano scalzi sulle braci.f