Salvatore Romano- Labirintiche ninfe
Proprio pochissimi giorni fa, il nostro ormai amico Salvatore Romano, mi inviò questa sua opera, l’ultima, in ordine cronologico, che ha realizzato. La sua generosità è davvero da sottolineare, come anche la disponibilità nel lasciarmi portare anche qui, nel blog, tutte le sue opere in visione o accompagnarle a testi di mia scelta.
Quest’ ultima opera avevo deciso di metterla da parte per una evenienza particolare, volevo trovare dei testi adatti che ne sprigionassero la forza es-pressiva, la furia che resta in un involucro segreto, ma viva e a viva forza, in un attimo, sprigiona ciò che solo il sangue, o il battito cardiaco dice in un lampo.
…e l’occasione si è presentata oggi, quando ho ricevuto la presentazione di un libro di Paolo Fichera.Devo ammettere che non avevo letto nulla di questo autore sino ad oggi, ma riconosco senza difficoltà la mia ignoranza e mi rammarico delle mie lacune. So che un’altra vita non mi basterebbe comunque a riempire i tanti vuoti di conoscenza di cui mi riconosco il peso e la mancanza. Ma. Una volta di più posso riaffermare che:- non è mai troppo tardi.- Ho cercato in rete gli “sbranati”, le parti del corpo di quel testo di poesia che ha una compattezza e uno scheletro che la struttura in modo potente e, per quanto ho visto sino ad ora, con un carattere particolare, di opera da portare sulla scena, a mio parere, non solo da leggere in solitudine.
C’è terra e metallo, dolore e passione, che si fanno musica all’interno del corpo, come in un sistema di vasi comunicanti, una rete di radici sprofondate e abbarbicate alle aree vie del respiro, come una intera foresta.
C’è un fuoco coltivato come una pianta, un rosso sorbo cupo, un’arpa di legni che crepitano e ruote di mulino che girano l’acqua di una vita scossa dal tronco, o troncata nel gesto in cui si compie. Un quadro, fiammingo, e uno surrealista, insieme, poichè salta da un’ era ad un’altra, dentro un cerchio di frammenti ricomposti da un linguaggio profetico: il re-spira le sue tra-me senza che nulla freni la sua corsa. Mi ha riportato, la parola di Fichera, alle atmosfere di Salvatore Romano in cui Eros e Thanatos convivono nel varco del tumul(t)o, la stessa zolla ospitante, e si fa corpo del respiro,emanazione radiosa e radiante della terra, di un corpo che è fuso in un solo res-piro, un fu(o)co che pulsa e germina, sperma che ingravida e diffonde la specie, ed è specchio dell’intero.
Ringrazio perciò entrambi gli autori per questo ricco percorso che ci è stato concesso di attraversare insieme oggi.
f.f.
* * *
Da Nel respiro- Paolo Fichera- L’arcolaio Editore-2009
…
ciò che termina
la maceria, l’olfatto
che il preludio sentenzia
a ogni respiro un codice,
un rito celebrante
adorante
la neve ombra corrode
l’infante, la tomba tace
il corpo bruciato, l’alito
sigilla la croce
alto il fumo erode
stanza 4
reparto B3,
tumulo di fossa 710
31-5-1939
ora 7-9-2007
altri non hanno il corpo
sono fisso nel segno
e non sento il dolore
neanche la terra ora
innesta alla terra il dolore
il seno
ogni divario schermato d’ombra
l’essenza-assenza
il seno
che la crepa smuove
il seno della fossa,
di ogni fossa
nel battito che nasce dalla fossa
l’ibrido ramato nella piaga
nell’ascolto che la piaga
rende nodo e vagito
ascolta e resta carne
nel legno
che la parola fissa e annida
e chiara rende la luce
ora che la luce
ha scavato la penombra
ora che l’ha resa
sperma
ora che la notte ha sete
e l’umanità è il battito ampio
di un vagito che si perde
ora
la maceria è distesa
ora e da sempre
ora
che il calice è versato
e l’acqua si smembra
morirò nel battito
e tu con me, e con te chiunque
l’orlo, cucito dall’ombra
albero padre, ramo padre,
pane padre, acqua padre,
vento padre, respiro padre,
sangue padre, stanza padre,
la pietà e l’umanità a terra
si dibatte, chiede pietà
il sorriso di carità
riduci il respiro
a una stele infissa
in sabbia di arti e polpa
e sangue e polpa e vena
e tu sei
la crepa
che l’ospite nutre
ti lascio e pongo l’acqua
alle labbra secche
l’organo reagisce in gesti
senza pensieri
caro padre, la tua mano,
la vita tessuta come l’incanto
lo sguardo alto, il cielo alto
e quieto, l’armonia del ferro
padre mio, mio compagno
i passi della vita
sono gli stessi della morte
padre mio, la musica, l’armonia
le note le ali, la vela nera
della barca che non hai mai solcato
ti chiudo gli occhi
ora che il nervo
premuto a premere
ora che il nervo premuto
non preme
e gli occhi danno alla lingua
il seme
vagina e lacrima
il seme umido
il cuore germe di mio figlio
che ogni parola sia umanità
e vagito d’animale e lacrima
di mondo e cellula e grumo
racchiuso e fondo ampio sazio
germe solco
vena carezza
non più sapere o non sapere
indossare la tunica
che lo strazio lambisce
e rende orfano
non più orfano o non orfano
non più mondo o realtà appesa
pensiero
che freme
e reagisce al tocco di mani
e pensiero
tu avvicini la sera
dove nudi cani accompagnano i morti
il corteo spelonca
la coltre lambita da lamine secche
la vita distesa nel solco di un frammento
scissa in cadaveri d’albe
flusso dove la neve freme
inno divelte inno placido e santo
mensa che il cielo disperde
dolce rame andando in dolce rame
ossa
corolla
pulpito
lama
pupilla organo
ciabatte occhio specchio
padre la resa padre pane
figlio la sete figlio fame
figlio l’utero figlio vena danza
cibo
richiamo
eco che nel trapasso
gli occhi distende
e il grumo brucia
raccolto nell’orda
* * *
Notizie sull’autore
Paolo Fichera è nato nel 1972 e vive a Sesto San Giovanni (MI). Dal 2003 dirige, insieme a Mauro Daltin, la rivista “PaginaZero-Letterature di frontiera”. E’ stato incluso in diverse antologie collettive, tra cui “Il presente delle poesia italiana”, a cura di Carlo Dentali e Stefano Salvi. Nel 2005 ha pubblicato presso la casa editrice LietoColle la raccolta poetica “Lo speziale”, finalista nel 2005 nella sezione inediti del Premio Montano e segnalata nella sezione editi del Premio Montano nel 2006. Le sue poesie sono apparse su numerose riviste, tra cui: “Poesia” , “il Domenicale”, “Atelier”. E’ presente nei principali siti di letteratura, tra cui: Nabanassar, FuoriCasa Poesia, LiberInversi, Agli incroci dei venti, l’Ulisse n.1 e n.4, El Ghibli. Alcune poesie sono state tradotte in inglese, francese, spagnolo e arabo.
Riferimenti:
http://cattedrale.wordpress.com/
http://www.vialetrastevere.org/newpage42.html
http://oboesommerso.splinder.com/post/19591124
http://rebstein.wordpress.com/2009/01/18/nel-respiro-di-paolo-fichera/
senza fiato, si trattiene il respiro per non spezzare la corsa frenetica delle parole, fino alla fine, al raccoglimento nell’onda.
n.
(la foto: inquietante. radici-corpi-occhi-paura-fragilità ripiegate nella natura, femmina e terra.)
in questo testo troviamo “rappresentata” la tragicità della vita
e, insieme, il suo superamento
condivido il pensiero di Fernanda quando parla di un lavoro per il teatro
(è una traccia stupendamente incisa nella vita questa parte di copione)
trattengo questi versi per una mia ulteriore lettura:
“padre mio, mio compagno
i passi della vita
sono gli stessi della morte
padre mio, la musica, l’armonia
le note le ali, la vela nera
della barca che non hai mai solcato”
Grazie Fernanda dell’attenzione che concede al mio lavoro. Con stima
Salvatore