segni , animati movimenti, venuti nascondendosi, nascendosi da lontano, dentro di te, città infera, tesa sull’ orrido, l’ assenza, ferita del tempo, vera e futura, tra-guardabile solo attraverso ciò che resta, nei depositati affanni di calcare e ossa, negli essicatoi delle astrazioni con cui ci trainiamo, l’un con l’altro soli, dentro la stagione mut(u)abile del vivere…
Sono andata alla “questua”, cercando testi diversi, in versi di autori che parlano di un tempo che forse è un autunno, ma non è questa la cosa che conta, ciò che lascia il segno è la presenza dei vuoti, all’interno dei tracciati, là dove si crea spazio per tutto ciò che è futuro e dunque era.
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Da Piante occulte- Rita Florit
Aesculum hippocastanum
Strapiomboautunno
nel parco degli anni ignari
dove alti gli ippocastani sfogliano ruggini.
È una ctonia alterità nebbiosa,
riconsegna incorporea di me a me.
Inevitabili passaggi, soglie interdette, fili
che si dipanano da me a me.
Nelle cortecce muschiose, nella ghiaia,
sulle panchine deserte infine
appare la coda del drago.
La sento muoversi alle mie spalle,
la sto cercando da mille anni.
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Inediti – Giacomo Cerrai
nov.’99
non è che una storia
d’ossessioni, vissuta a strati, come
un perito settore: se dividi
il corpo o l’anima tu trovi
tracce
di qualcosa che nemmeno supponevi,
avanzi maldigeriti di vita,
amorazzi, fantastiche
perdite di tempo.
Affondando la lama scopri
sconfitte e resurrezioni,
più a fondo, dove l’acciaio incontra
l’acciaio del tavolo,
è come uno specchio, dove deforme,
tentando debolmente di chiedere scusa,
trovi finalmente
la tua faccia.
*
Ott.95 – Apr.96
E adesso che invecchio, adoro le spiegazioni semplici.
(A. Giuliani)_
/…e d’un freddo senza domestichezza,
settembre è trascorso inutile e improvviso,
come una fila diradata
di cipressi…
Niente è così straniero come
questi campi rattratti
nel grigio o spopolati o il cerchio
distante degli uccelli. Nel cerchio
si scopre l’alba farsi, ove
sui tetti plana la futilità dei sogni,
e vi riflette. Ecco,
di desideri irrisolti s’ammucchia
una coperta ruvida, il respiro
d’un fianco lancinante,
e c’incurva il peso
di qualcosa che non si comprende
appieno, il veleno
d’un complesso orizzonte.
Non siamo padroni di noi stessi:
e s’accartoccia
quella pretesa così moderna e assurda.
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Da Umana Gloria – Mario Benedetti
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Da Le voci di Bardiaga- Luciano Cecchinel
Perchè oltre lame di luce
in un ombroso molle e oscuro
rochi echi di spelonca
mordono vuoto di pareti,
sconvolgono sfarfallìi d’erbe,contorcono vertigine di abeti.
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E di lontano
irritano la brace,
divincolano il fumo
sulle lastre sbiancate.
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Per evanescenti germogli,
quasi di mal fruttato grano,
rinvenivi ad un ardore amaro,
enorme di lungo invocare
sgolato, sempre più lontano…
ed è poi vero
che aggomitolata ti trascinarono
per i capelli sui sassi a sanguinare,
che ti aggrappavi
alle erbe, ai cespugli, ai grovigli dei rovi?
Assediata da acerbe prove,
vidi aureole di petali cadere,
livido Corpus Domini
senza ali e cestini!
E dicono che urlavi
ma dove? dove?
Signore aiutami,
mi portano a morire…
Odore fradicio di muschi e strami
mi negò nell’immensa sera
il lampo breve
di un’ancor cruda primavera.
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Da Quando sarà stato l’addio- Luigi Bressan
STUDI PER “BLACK-OUT”
I.
Ciascuno resta solo col suo buio
Tutta l’oscurità dentro di noi
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Nel vuoto rimangono appese
le parole invisibili alla luce
nudi i loro corpi d’ombra
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Forse li vedono i bambini
che parlano all’orecchio sottovoce
con le manine sugli occhi
per non guardare quello che sanno
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Silenzio pieno sta sui libri aperti
che conoscono il tempo dell’attesa
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Quale pastore errante
potrebbe sostenere nuovamente
il muto racconto delle stelle?
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Ma se
incominci accarezzando
con le dita delicatamente
l’addome alle api addormentate
in volo e sussurri alle falene
ti senti passare nella pelle
la levità del suolo.
nota : ” Durante un black out notturno in una grande città americana gli abitanti ebbero modo di riscoprire il cielo stellato ma in seguito moltissime persone s’informarono presso le redazioni dei giornali sulla natura dei corpi luminosi, ritenuti degli ufo” (Dai quotidiani)
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Da I begli occhi del ladro- Beppe Salvia
in cielo i nuvoli sono grandi vele
bianche, velieri. Io voglio per mare
un fondo di bottiglia e davvero
esitare a scrivere, non vere,
le parole han bisogno di severe
prigioni dove snebbiare; più terse
allora seguiranno il verso giusto,
più vere eviteranno le maldestre
oasi d’ambiguità che son rare
ai deserti e frequentissime dove
il deserto è la folla delli errori,
e degli uomini incerti qui nei mari
d’assenza e di dolore. Come fiori
di mandorlo e di pesco le parole.
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DA Horse category- Sebastiano Gatto
VII
Da quando sei verso ti faccio
rimare nascosto tra i miei
per prendermi il merito di ogni
metafora amara. Confesso
del plagio dovrei forse ammettere
che le pozzanghere non sono specchi,
ma acqua piovana.
da quando non sei, mi ostino fedele
all’abbagliamento che basti
andarsene distanti
per guadagnare ognuno un buon
ricordo.
.
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Le diresti strade e sono
parole
ma è di allontanarmi
rintanarmi
mutarmi
perdermi
ricostruirmi
guadagnarmi
accorparmi forse
ostinandomi
ad assottigliarmi sempre più prossima
ad un corpo veste o vestibolo d’ altro
un altro luogo
un io che ignori
me finalmente.
f.f.
Belle parole cariche di ritmo e significato, un po’ come il ciclo della vita. Imprevedibile e sempre diverso pur nel suo uguale dipanarsi sempre allo stesso modo
ho letto i testi e tornerò a farlo
mi ha colpito il primo (molto piaciuto) poichè sovverte un pò i termini in cui, abitualmente, si vede la natura
leggo infatti una certa “durezza” di parole (mi soffermo su drago) per esprimere un’assenza forse incolmabile
un percorso davvero colmo, a cominciare dall’immagine iniziale, bellissima
sono felice per queste condivisioni.Grazie a entrambi. f