CANTO AFGHANO-1972-2001, Nicola Licciardello

CANTO AFGHANO

In che restava la vostra postura

accavigliata sulla roccia,

in che impossibile visione

sorrideva la vostra indifferenza

– pastori Kuchi, eterni tessitori

dello scambio, del comunicare

alto e basso, alba e tramonto ?

Ci ospitavate per spogliarci

– o monaci, sciamani, per mostrarci

l’infinito che si può, la trina

della possibilità infinita,

la geometria del colore e del tatto,

la seta della trattativa in(de)finita,

però infine la necessità del sì:

“Questo ti piacque, prendilo, è un dono”

Poi si aprì abbagliante

il cratere dall’ orizzonte opalino

anche nelle notti senza luna,

e quando era piena

sfolgorava l’ altopiano come un astro

– e quando più incontreremo un altro

come là, (nel) sbalordito sorriso

d’esserci, ancora o di già

nomadi rimasti, o i primi nati

d’un’ altra umanità !

La terra s’infessurava sbriciolando,

ma voi restavate immuni, guardiani

insensibili al ghiaccio o alle mine,

al di là della Morte, al di là dei Buddha,

colonne della Porta, del Passo invalicabile

custodi del Nulla.

E come potevamo noi giurare

in quell’ebbrezza d’amicizia, o nudi

lasciati passare al di là,

fino alla resina di luce, al canto,

al lago sepolto nel cuore dei monti

– lapislazzuli dalle vene d’oro,

pepita dell’eterno in mano …

o Herat delle Mille e Una Notte

Herat ferma all’Anno Mille

Herat, Tagike sagomine vacillanti

in nicchie sospese nel fango

e ritte in cima ai bus barocchi,

bambini infiorati nelle fogne

e lebbrosi ridenti a cielo aperto,

Herat cheese Home-lette in vassoi d’argento …

latte che danza, shisha dello Sharaf

l’acqua rincuora la grande stufa

e il sole di neve invade i profili

– sfarfalla la cittadella d’Alessandro.

Sognavamo d’essere per voi i figli

del nuovo occidente, i fiori

della speranza, il coraggio

d’imparare e insegnare almeno a salutarsi

diventando un po’ l’Altro dell’Uno

– alternando le nostre musiche

nel cratere opalino.

*

Note biografiche

Nicola Licciardello è giornalista e saggista; attraverso stages in Oriente e con l’Odin Teatret ha rielaborato tecniche della tradizione vocale in pièce e letture pubbliche di poesia; ha tradotto da Ginsberg, Gary Snyder, Rimbaud, Lezama Lima, Armando Romero, Haroldo de Campos, Fina Garcia Marruz (“La spada intatta di María Zambrano”, Marietti, Milano, 2007). Ha collaborato a varie riviste, fra cui “Angelus Novus”, “l’Immaginale”, “Dharma”, “Anterem”, “Poesia”, “Semicerchio”, “Viceversa” (Montreal), “Italianistica” (São Paulo). Ha presentato a Padova Eugenio Miccini, Rosaria Lo Russo, Lello Voce, organizzato slam e la Giornata Mondiale della poesia. Nel 2006 è stato invitato per la poesia italiana al Festival Internacional des Poetas de San Salvador, e ha letto Joyce al Festival di poesia di Genova. Ha pubblicato le raccolte di versi “Il Ballo Immune” (Fermenti, Roma, 1994), i CD “Grazie alla terra” (www.ilnarratore.com, 2001) e “Trans-Poems”. Sta realizzando il progetto Poesia e Paesaggio in Maremma. Le poesie “Uomonda” e “Luna nasconde la via” sono tratte dal suo ultimo libro “La gioia dell’impossibile” (Sinopia, Venezia, 2007, segnalata al Premio Montano 2006). “L’impossibile ci riempie di una gioia ubriacante – l’amore, la comprensione, la fortuna, la liberazione: ciò che avviene almeno una volta, ma che è sempre, necessario come l’acqua, per poter rinascere. Compito del poeta è la parola che tiene aperti a quella ferita, a quel flusso di gioia. Così la parola meticcia dell’esiliato, dello spossessato, del mistico per l’ineffabile bellezza della creazione.” (N.Licciardello)

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